venerdì 23 marzo 2012

Ti prendo e ti porto via

Qualche tempo fa, una mia collega di lavoro, appena prima di salutarmi per le vacanze, mi ha messo in mano un tomo di dimensioni ragguardevoli chiedendomi di dirle cosa ne pensavo, in quanto si trattava del suo romanzo preferito.
Credevo l’avrei trattenuto per qualche tempo, perché a guardarlo non sentivo un gran feeling con quel libro. Mi sono messa a leggerlo con la ferrea intenzione di prenderla con calma…da fare non mi manca e ho una scorta di libri nuovi da leggere che non finisce più! Invece, la storia mi ha sorpresa e catturata e mi sono mangiata via il romanzo in soli tre giorni.
“Ti prendo e ti porto via” è un romanzo di Niccolò Ammaniti, edito dalla Piccola Biblioteca Oscar della Mondadori.
Ammaniti intreccia con sapienza la vita di un’intera comunità all’interno del piccolo contesto di Ischiano Scalo, paesino sonnolento dove tutti si conoscono, non c’è mai niente di nuovo da fare, la vita scivola via seguendo sentieri preordinati e sempre uguali.
Nella cittadina spiccano alcuni personaggi che in qualche modo possiedono qualcosa di diverso: Pietro, il ragazzino che non si lamenta mai nonostante la famiglia disastrata; Gloria, la bella e ricca ragazza che preferisce fare il maschiaccio; Graziano Biglia, quarantenne latin-lover con la passione per i Gipsy King e le belle donne che incarna una sorta di leggenda per il paese; la professoressa Flora, venuta ‘da fuori’ e schiva fino all’eccesso.
Le loro vite e i loro sentimenti, attraverso un ingarbugliato sentiero di coincidenze, vengono ad intrecciarsi, ad allacciarsi e poi a scontrarsi, fino ad uno scioccante epilogo.
Spesso, nella vita, ci si trova a farsi domande scomode, a chiedersi per quale motivo succedano determinate cose o la vita prenda quella piega imprevista, irrazionale. La risposta, terribile e vera, è che non c’è un perché.
Le cose accadono e basta, senza alcuna preordinazione o significato recondito, senza che si sia avuto il tempo di preparare una reazione consona o di capire come superare l’imprevisto. Accadono. E ti fregano, magari sul più bello.
Tutta la tristezza di questa verità della vita è insita nel romanzo di Ammaniti, che annichilisce per la lucida visione di fatti che potrebbero capitare a chiunque di noi, in qualunque momento. Purtroppo non è detto che, se sbagli, avrai poi la possibilità di rimediare.

domenica 18 marzo 2012

Educare la voce

Avere cura della propria voce e imparare ad utilizzarla al meglio è obiettivo costante di cantanti e attori, ma anche di coloro che usano d’abitudine la voce per svolgere la propria professione (insegnanti, oratori, politici, etc.). Gran parte delle volte, nel tentativo di parlare in maniera da farsi sentire, ci si riduce a gridare e a sforzare le corde vocali, con il rischio di danneggiarsi seriamente.
Per evitare danni permanenti, affaticamenti e improvvisi cali di voce – ritrovarsi afoni dopo la prima occasione di sforzo non è auspicabile, soprattutto se è solo la prima di molte repliche – esistono esercizi che, se seguiti con costanza, permettono di imparare a conoscere il proprio apparato pneumo-fonatorio per quello che è, vale a dire uno strumento musicale con proprie caratteristiche ed esigenze peculiari.
Per fare ciò ci si rivolge a specialisti o a insegnanti di canto/vocalità professionisti, che possono condurre una preparazione mirata alle necessità del singolo. Esistono pochi saggi dedicati all’argomento, in quanto di norma bisognerebbe essere seguiti in tempo reale durante gli esercizi, ma spesso attori e cantanti hanno bisogno di tenersi in allenamento anche in proprio.
“Educare la voce” di William Weiss è un saggio tecnico edito da Dino Audino Editore e viene presentato come il primo manuale di esercizi fisici per la voce disponibile per il mercato italiano.
Il metodo di Weiss si propone di portare a una conoscenza esaustiva dell’intero apparato pneumo-fonatorio grazie al costante e certosino esercizio sul movimento di ogni sua parte, in ogni direzione.
Corredato da immagini esplicative, il trattato propone un’escursione completa del sistema-voce: mandibola, lingua, mascella superiore, laringe, petto e addome, testa. Ognuna di queste parti viene allenata in un primo tempo in maniera indipendente, imparando a muoverla in tutte le direzioni possibili (fisicamente o per semplice convinzione psicologica).
Questo viene fatto senza emettere suono, utilizzando solo il respiro. L’allievo sotto esercizio viene poi invitato a valutare quali sono le proprie abitudini respiratorie durante l’esercizio e, una volta diventatone conscio, a invertirle per ottenere nuove possibilità d’espressione.
Solo dopo si passa all’emissione del suono, partendo dal suono minimo possibile per poi lavorare sulle risonanze e sui molti timbri che ognuno di noi è in grado di emettere (esercizio molto utile soprattutto agli attori).
Ogni capitolo termina con alcune proposte di esercizi attoriali da svolgere da soli o in gruppo, utilizzando quanto appreso in maniera creativa e propedeutica all’espressività teatrale.
Per quanto sia indubbio che una conoscenza approfondita di tutto l’apparato e l’allenamento costante all’attenzione sulle singole parti sia alla base di una tecnica perfetta, questo saggio risulta piuttosto pesante e non invoglia molto all’applicazione pratica.
L’atteggiamento verso la vocalità è decisamente costruttivista e ben poco creativo. Una macchina perfetta ma senza vera vitalità. Le illustrazioni sono schemi direzionali e nel capitolo su timbri e risonanze diventano meri scarabocchi.
Gli esercizi di mobilità si ripetono in maniera quasi identica per ogni parte dell’apparato vocale, facendo chiedere al lettore per quale motivo si siano spese pagine e pagine quando bastava affermare: “Ripetere gli esercizi anche per la lingua, la mascella, la testa…etc.” C’è il sospetto che l’autore l’abbia voluta tirare lunga.
Gli esercizi teatrali sono pochissimi, quelli per il canto praticamente inesistenti.
L’approccio tecnico è comunque utile e andrebbe seguito almeno il tanto che basta da diventare coscienti delle varie parti del corpo coinvolte nell’emissione della voce e da essere in grado di agire su di esse per modificare le proprie performance.
Passare giorni e giorni seguendo in ogni passo questo volume mi sembra un tantino ostico. Tanto di cappello a chi ce la farà!
Da leggere per farsi un’idea del lavoro che si può svolgere per conoscere al meglio le proprie possibilità vocali, magari integrando le sessioni di lavoro con esercizi di un’altra scuola.

mercoledì 14 marzo 2012

L'infiltrato

Il grande nemico della cultura occidentale del XXI secolo è, senza ombra di dubbio, il fantasma del terrorismo islamico internazionale. Dopo l’attentato dell’11 settembre alle Twin Towers e i successivi episodi di violenza più o meno riusciti in giro per il mondo, si è sviluppata una fobia verso l’Islam e in generale verso le popolazioni di fede musulmana che ha esacerbato un clima multi-etnico ancora ben lungi dal favorire l’integrazione e il dialogo.
Il famoso giornalista Antonio Salas, esperto in reportage da infiltrato in ambienti scomodi e pericolosi, ha scritto e pubblicato un romanzo verità in cui racconta la propria esperienza nei circoli del terrorismo islamico. Il reportage si intitola “L’infiltrato” e in Italia è stato pubblicato dalla Newton&Compton.
Salas non è nuovo a questo genere di indagini. Si è occupato in precedenza sia degli ambienti neo-nazisti che della tratta delle donne e dello sfruttamento della prostituzione. La sua tecnica consiste nell’assumere un’identità fittizia ed entrare in contatto diretto con gli ambienti che intende denunciare, diventando un membro di queste realtà pur mantenendosi – con mille difficoltà – all’interno della legalità. In caso contrario, le prove da lui raccolte non avrebbero la stessa valenza a livello giuridico.
In questo caso, Salas ha deciso di farsi passare per un palestinese. La cosa è stata molto più complicata di quanto avesse previsto, perché modificare il proprio aspetto o l’abbigliamento non avrebbe ingannato nessuno ad un esame approfondito.
Ci troviamo dunque a seguire il giornalista mentre si crea faticosamente una nuova identità, studiando l’arabo fino a perderci le notti, accostandosi all’Islam con sempre maggiore rispetto (tanto da convertirsi realmente e farsi musulmano), viaggiando per il Medio Oriente per costruirsi una facciata credibile e venendo bruscamente in contatto con realtà sconosciute fino a quel momento filtrate dal giornalismo occidentale.
Salas tenta nel frattempo di comprendere quali siano e come siano strutturati i gruppi terroristi islamisti internazionali e quali collegamenti possiedono con altri gruppi di ribellione in Europa e America Latina. Viene così a interessarsi enormemente alla figura di Carlos lo Sciacallo, famoso terrorista detenuto in Francia, e questo lo conduce a portare avanti le sue indagini in Venezuela, dove comincia a essere introdotto negli ambienti del terrorismo.
La sua capacità di scrittore, prestata ai simpatizzanti della causa islamica, gli aprirà le porte di molti gruppi altrimenti inaccessibili e gli varrà la fiducia di gente pericolosa, primo fra tutti proprio Carlos lo Sciacallo, che farà di lui il web-master del proprio sito internet.
Qui le cose si fanno realmente pericolose e Salas dovrà lasciarsi alle spalle tutte le proprie ingenuità per immergersi a fondo in un ambiente in cui sono le pistole e la violenza a parlare.
Il reportage di Salas è certosino, maniacale nei dettagli, tanto che la lettura risulta a volte ostica, piuttosto noiosa. Per quanto il tema trattato sia senza ombra di dubbio interessante, questo immane bagaglio di informazioni, date e nomi tende a formare nella mente del lettore medio una gran confusione, con il rischio di decidere di mollare la lettura a metà o di scivolare da un paragrafo all’altro senza troppa attenzione.
Inoltre, la sua nuova vicinanza all’Islam l’ha reso a tratti poco obiettivo. Se andare oltre l’informazione filtrata dagli obiettivi politici dell’Occidente è da ritenersi un atto coraggioso ed encomiabile, pure in alcuni casi si ha la forte impressione che Salas sia rimasto molto coinvolto dall’ambiente che ha frequentato per anni, diventando parzialmente “di parte” per quanto riguarda la situazione islamica.
Una lettura per chi già si interessa all’argomento da tempo e non ne è del tutto estraneo, o per chi non ha timore di mettersi a leggere con accanto un block-notes per gli appunti. Chi si aspetta una grande avventura d’azione, si metta il cuore in pace: non è con questo spirito che si può leggere “L’infiltrato”.

venerdì 9 marzo 2012

Passaggi - Storia della scultura da Rodin alla Land Art

Accostarsi al mondo dell’arte contemporanea è un’esperienza difficile, densa di tranelli e molto spesso frustrante. Chi ha studiato arte deve disimparare quanto appreso e arrivare a comprendere nuovi modi di intendere non solo significato e realizzazione dell’opera, ma gli stessi concetti filosofici che stanno alla base della definizione di Arte. Chi, al contrario, è vergine alla materia, corre il rischio di prendere tutto per buono, senza alcuno spirito critico, oppure rigettare tutto quanto con disgusto.
Il panorama critico non aiuta molto in nessuno dei due casi. Le avanguardie di inizio secolo scorso hanno ribaltato e rimescolato a tal punto le carte che si è in breve giunti a quel malaugurato stadio secondo cui tutto è Arte, tutti sono Artisti, tutto è lecito. Basta che l’opera sia supportata da un’Idea, da un Concetto, o dalla manifesta assenza di essi per presa posizione.
Se tutto è Arte e tutti sono Artisti, la qualità e la tecnica svaniscono nel nulla. Chiunque può fare qualunque cosa e, accaparratosi un discreto seguito, vivere come un vero artista.
Questo atteggiamento qualunquista si è purtroppo sviluppato e radicato, anche grazie alla mala-informazione imperante. Quanto sto per dire potrebbe attirarmi antipatie, ma non sono il tipo che trova giustificazioni alla verità: oggi sono il denaro e le conoscenze a fare un artista.
Già durante la formazione accademica l’allievo viene spinto a creare in maniera non figurativa per adattarsi al mercato contemporaneo e a entrare nella cerchia degli insegnanti che possono dare qualche spinta per future esposizioni di opere. Le prime critiche positive di norma sono concordate a tavolino. Alla fine, è la critica che sceglie i suoi e li fa grandi, come sono le case discografiche a decidere quale musica vende e quale no. Ma questa non è Arte: è business.
Nonostante questa decadenza imperante, rigettare in toto le esperienze e le evoluzioni dell’Arte Contemporanea sarebbe sciocco e limitativo. Da dove cominciare, allora, per orientarsi in un mondo diventato troppo affollato e vario?
“Passaggi – Storia della scultura da Rodin alla Land Art” di Rosalind Krauss è un testo storico-critico edito da Bruno Mondadori. Si rivolge esclusivamente al mondo della scultura, ma è un saggio essenziale se si vuole cercare di comprendere questa difficile materia.
Utilizzando un linguaggio tecnico ma non incomprensibile come tanti altri testi di critica, la Krauss propone un viaggio sistematico attraverso l’evoluzione della scultura nel ventesimo secolo.
Il punto di partenza è la figura di Auguste Rodin (1840-1917), scultore francese che per primo adottò un atteggiamento innovativo verso la realizzazione della figura umana, liberandosi dalle catene della resa anatomica per trasmettere significati e emozioni tramite la deformazione del corpo, in funzione del messaggio. La sua arte segna un punto di non ritorno e dà il via a una evoluzione sperimentale.
Il primo capitolo, quindi, analizza la sua ricerca formale comparandola ai suoi contemporanei, in particolar modo a Medardo Rosso, scultore italiano che plasmava forme che tendessero a “trasparire” dalla materia o ad essere delineate da luci e ombre più che attardarsi su lavori “finiti”.
Nel secondo capitolo si passa alle prime avanguardie: dal Cubismo, che cercava di rappresentare l’oggetto da ogni punto di vista contemporaneamente, al Futurismo, per cui il movimento era precetto fondamentale, al Costruttivismo russo, che cercava di rendere manifeste nella scultura le linee strutturali della forma.
Si giunge quindi al rifiuto dell’opera d’arte e del significato con il readymade di Duchamp. Un semplice oggetto diventa arte se manipolato o firmato dall’artista (vedi il famoso esempio di “Fontana”: un orinatoio). Brancusi porta avanti il concetto in maniera differente, in quanto le sue forme apparentemente semplici, levigate e lucidate in maniera maniacale, comunicano qualcosa di arcaico, al di là dell’intelletto.
L’evoluzione naturale, nata anche come veicolo di protesta sociale, fu il surrealismo, le cui forme dedite al gioco e alla psiche, al sogno, vengono esaurientemente analizzate nel capitolo quattro.
La Seconda Guerra Mondiale influenza i materiali d’uso (metallo, saldature) e i temi trattati, spesso di sfondo bellico e violento. Nasce con David Smith il Tanktotem, l’arte colossale totemica, presa in esame nel quinto capitolo.
Si prosegue con uno sguardo approfondito alla commistione tra teatro e scultura, - dalle opere in movimento di Calder agli happening e alle performance – per concludere con le avanguardie più recenti, dal Minimalismo alla Land Art.
Un saggio approfondito, chiaro e di grande aiuto. Consigliato vivamente a tutti gli studenti d’arte!

domenica 4 marzo 2012

Ombre

Un piccolo gioiello della letteratura per ragazzi: questa definizione può senza dubbio applicarsi al romanzo breve Ombre di Nicholas Wilde, pubblicato da Mondadori all’interno della collana Superjunior nel 1993.
Ombre è una delicata e profonda storia d’amicizia immersa in un’ambientazione misteriosa ed affascinante, una ghost story profonda e non scontata che mette in luce quanto i sentimenti possano durare ben oltre i limitati confini della vita umana.
Matthew è un ragazzo di dodici anni che vive in un mondo fatto di ombre vaghe. E’ privo della vista e abita con la madre in una Londra che non è certo fatta su misura per un bambino con un simile handicap. Per la prima volta, la piccola famiglia si concede una vacanza degna di questo nome prendendo in affitto un cottage vicino alla costa, un territorio aspro ma bello, circondato da canneti e saline. Il terreno su cui sorge l’abitazione è di proprietà di un’antica casata locale, la cui villa ormai disabitata cade in rovina.
Affascinato dallo spazio che si prolunga ovunque senza barriere, dai nuovi suoni e odori, Matt si concede l’unica passeggiata che riesce ad affrontare da solo, un breve itinerario che parte dal retro del cottage e termina al muretto del vicino cimitero. Questa camminata rappresenta una piccola impresa per lui, da sempre costretto a dipendere dagli altri per qualunque spostamento. Quel luogo pacifico gli dà l’illusione di una libertà che la città gli nega e Matt cerca di ottenere dall’esperienza quanto più può.
Come a voler dare ragione al suo desiderio di affrancarsi dalla sua buia solitudine, nei pressi del muretto il ragazzo incontra Roly, un giovanotto della sua età che lo catapulta in avventure impensate, un amico che per qualche meraviglioso giorno diventa il sostituto di quegli occhi che non funzionano e gli celano il mondo. Con la sua pazienza e la sua parlantina sciolta, Roly mostra a Matt tutto ciò che i suoi occhi non possono vedere.
Il nuovo amico di Matt, però, ha strani momenti di malinconia e silenzio che il ragazzo non riesce a comprendere. Inoltre, nella villa abbandonata e lungo la spiaggia si nascondono antichi ricordi che di quando in quando sfiorano il ragazzo come ombre. Matt dovrà dissiparle, mettendo in gioco la sua stessa amicizia con Roly, scoprendo una verità terribile che gli toglierà il suo migliore amico ma allo stesso tempo lo legherà al suo cuore per sempre.
Uno stile sobrio, fatto soprattutto di dialoghi, fresco e immediato. Le descrizioni sono quasi poesia, proiettate su un altro piano di comprensione a causa della cecità del protagonista. E’ tutto fatto di suoni, odori e sensazioni, eppure completo. L’amicizia fra i due ragazzi è dolce, sincera, limpida come può esserlo solo fra due bambini. Al contempo, sotto la superficie si celano sentimenti torbidi e violenti, come l’invidia e il rancore. La forza celata nel sentire dei bambini è pura e dirompente, nel bene e nel male, e Roly trascina i propri rimorsi ai piedi di Matthew sperando, pur senza possedere un briciolo di speranza, nel perdono.
Una lettura stupenda, toccante, per qualsiasi età.