venerdì 28 giugno 2013

Carnacki - L'indagatore dell'occulto

Quest’oggi vi parlo di un personaggio straordinario uscito dalla penna di un grande scrittore del fantastico e dell’orrore. Sto parlando di Carnacki, l’indagatore dell’occulto, creatura di William H. Hodgson, autore inglese che ha iniziato a pubblicare le sue avventure nel 1910. Lo scrittore, penna eccezionale nel creare racconti da brivido spesso ambientati in mare (Hodgson aveva fatto vita marinara, riportando poi la propria esperienza nella narrativa), si spinse nel territorio insidioso delle infestazioni fantasmagoriche e della figura allora innovativa dell’ “acchiappafantasmi”, creando un personaggio che potesse unire scienza e fede, razionalismo e occulto, in una sintesi del tutto coerente e quantomai attuale.
Carnacki, infatti, è un uomo di cultura che utilizza le tecnologie a sua disposizione e tutta la propria sapienza per svolgere indagini su fenomeni misteriosi vicini e lontani, di cui poi ama parlare con quattro amici, i suoi ascoltatori di fiducia.
Ogni racconto si apre e si chiude con una sorta di rituale. Gli amici vengono invitati a cena e il lettore ne può seguire l’arrivo attraverso il punto di vista di Dodgson, la nostra finestra aperta sul mondo di Carnacki. Dopo una cena alquanto silenziosa, tutti si mettono comodi ad ascoltare l’ultima indagine di Carnacki, il quale si cala in un monologo che concede domande solo sul finire. Quando poi la sua voglia di discutere finisce, egli congeda senza tante storie gli amici, che si inoltrano nelle notturne strade londinesi per tornare a casa, in attesa di essere nuovamente convocati.
Più che amici, questi quattro costituiscono un vero e proprio pubblico per Carnacki, che pare condividere con loro le proprie esperienze più per un desiderio di tirare le fila dell’ultima indagine ed essere stimolato dai loro quesiti che per un vero desiderio di mettere a parte delle sue vicissitudini gli amici di sempre.
Peraltro, costoro non se ne hanno a male; questo bizzarro iter ha il suo fascino e nessuno si sottrae mai né alla chiamata né al racconto che ne segue. D’altronde, Carnacki ha sempre di che stupire il suo pubblico.
I racconti della raccolta, edita in Italia da Manni Editore, spaziano dai casi di infestazione agli oggetti maledetti, al contatto con pericolose entità dell’Altrove. Carnacki approccia ogni indagine con spirito critico e mente aperta, pronto a credere alla presenza di entità spirituali solo dopo aver svolto sopralluoghi accurati ed esperimenti per eliminare dal novero delle ipotesi tutte le cause naturali o prodotte dall’uomo a spiegazione del fenomeno.
Per fare ciò, l’investigatore si avvale soprattutto di una macchina fotografica e di strumentazioni che utilizzano campi elettrici e lo spettro completo della luce, anticipando in questo modo molte teorie che solo negli ultimi anni stanno trovando quella solidità scientifica che l’autore pare invece sostenere già un secolo fa. A scanso di equivoci, non fa mai mancare nel suo equipaggiamento una pistola, nel caso ci si trovasse di fronte a cose più “terrene” rispetto ai presunti fantasmi.
Carnacki cita molto spesso altri casi già risolti (ci rimarrà la curiosità, oltre alla certezza di molte idee rimaste nella mente dell’autore senza trovare sbocco sulla carta) e misteriosi trattati esoterici di cui disserta numerose volte, spesso senza spiegare davvero di cosa si tratti, dando per scontato che i suoi ascoltatori –gli amici nel suo salotto, in fin dei conti- conoscano la materia quanto lui.
La narrazione, pur perdendosi di quando in quando in parentesi teoriche di questo tipo, è ben congegnata, fatta di immagini vivide, parentesi di ansia crescente, paure molto efficaci perché specchio di quelle di ciascuno di noi. E’ l’orrore nel quotidiano, che può terminare in un nulla di fatto come nella materializzazione di esseri che vanno al di là della capacità di comprensione dell’essere umano. Si parla della leggenda di un vendicativo cavallo fantasma, di una casa dove il sangue che goccia è preludio a efferati omicidi, di un anello che diventa portale di forze maligne. Si passa dalla truffa bella e buona congegnata da delinquenti senza tanti scrupoli alla manifestazione del Male nella forma di un verro mostruoso, incarnazione di un orrore indicibile.
Una raccolta che è una piccola gemma nel campo della letteratura horror e parapsicologica, da uno scrittore che non delude mai.

sabato 22 giugno 2013

La fine del mondo storto

Mauro Corona è uno scrittore senza mezzi termini. Non è il tipo che edulcora il proprio linguaggio quando si mette a fare prosa letteraria. Come parla, così scrive, coinvolgendo il lettore nella sua narrazione come se si stesse ad ascoltarlo seduti a un tavolo dopo cena, vicino a un fuoco, con un bicchiere di vino in mano. Le sue storie sono forti, di pancia. La gente si comporta per quello che è, senza fronzoli né affettazioni artefatte.
Corona si porta dentro in ogni riga le sue montagne, la sua vita volutamente semplice, le tradizioni, in costante contrasto con la società frenetica e cittadina che caratterizza il mondo di oggi. Il romanzo che vi vado a presentare oggi nasce proprio come critica spietata della società moderna e ne descrive il tanto sospirato (e ovviamente tragico) crollo.
“La fine del mondo storto”, edito da Mondadori, prende il via con l’avverarsi del peggior incubo del mondo moderno: l’esaurimento improvviso delle risorse energetiche naturali. Niente più petrolio, gas, elettricità. Niente computer, satelliti, televisione. La fine di ogni tecnologia, all’improvviso, all’aprirsi di un inverno che promette di rivelarsi il più crudele della Storia.
Gli uomini muoiono a centinaia, a migliaia. A milioni. Chi rimane, dà fondo alle risorse rimaste fino ad arrivare al cannibalismo. Questo, in città. Nelle campagne e sulle montagne il dramma è meno pronunciato, grazie alle abilità pratiche della gente che ancora vi abita e vi lavora.
Solo i più forti, coloro che si rimboccheranno le maniche e torneranno a imparare a sfruttare la terra e le proprie mani per sopravvivere, riusciranno a impedire l’estinzione del genere umano. Il lavoro di gruppo, il bene comune, deve prevalere su tutto il resto.
Così sarà, finchè non si raggiungerà di nuovo un relativo benessere. Allora, come nella natura dell’Uomo, il circolo vizioso dell’avidità e del conflitto ricomincerà daccapo.
La scelta del tema ha un sicuro intento polemico, nient’affatto smorzato e anzi rimarcato costantemente all’interno della narrazione. Corona trova aberrante il modo in cui la società moderna ha affidato le proprie sorti alla tecnologia e alle risorse deperibili, facendo cadere nel dimenticatoio le conoscenze pratiche cresciute con l’Uomo, conoscenze che gli hanno permesso di sopravvivere nei secoli e prosperare nonostante la sua indole autodistruttiva.
Non si può negare che il nostro sistema scolastico privilegia le materie teoriche, il pensiero astratto e le arti ( per quanto la Cultura sia un bene ben poco preservato in Italia) piuttosto che il lavoro pratico, sia esso agricolo, venatorio o artigianale. Prova ne è che moltissimi mestieri sono scomparsi e altri si affidano a macchinari che condizionano pesantemente le competenze manuali di chi svolge ancora talune attività.
Con la carestia mondiale di energia, Corona distrugge alle fondamenta una società che ormai si regge sulla mente e la costringe a tornare al lavoro delle mani, all’attenzione verso la terra, i cicli delle stagioni, la soddisfazione dei bisogni fondamentali. Ci mette di fronte all’ecatombe da cui dovrà nascere l’Uomo nuovo, se non vorrà estinguersi.
Non sono del tutto d’accordo con l’analisi dell’autore riguardo al comportamento dei sopravvissuti una volta compreso che l’inverno in corso potrebbe essere l’ultimo. La cessazione di ogni violenza, ruberia, individualismo; la coscienza del valore del gruppo, il silenzio e la scomparsa di ogni sentimento che non sia mero istinto…Da un lato, a mio avviso, troppo radicale. Dall’altro, utopistico nel pensare che l’Uomo sia davvero in grado di pensare al bene del gruppo senza la presenza di un leader, di qualcuno che conduca in una qualche direzione coloro che non sanno arrangiarsi e hanno bisogno di essere guidati.
Questa visione bucolica e vagamente “comunista” (con grande profusione di parole sull’annullamento del divario tra ricchi e poveri, anche se in realtà Corona attribuisce difetti indifferentemente a entrambe le parti) appare più una speranza di ravvedimento post-tragedia che qualcosa di veramente plausibile. Le insistenze su certi temi rendono la lettura del racconto per certi versi pesante, nonostante l’indubbia maestria di Corona.
Non al livello di altri suoi scritti, utile per riflettere sui livelli di assurdità a cui la nostra società si è arrampicata, danzando in punta di piedi sull’orlo del baratro.

domenica 9 giugno 2013

Il libro dei simboli

Oggi vi presento una creazione stupenda di una casa editrice che ormai è diventata il mio punto di riferimento
quando ho necessità di conciliare ricerca artistica, portafogli poco fornito e ottima qualità del prodotto: la Taschen. Nel caso specifico, sto parlando de “Il libro dei simboli”, scelto tra altri saggi afferenti allo stesso argomento per l’evidente ricchezza grafica e testuale rispetto ai concorrenti.
Il volume è un gigante con splendida rilegatura cartonata, stampato su carta spessa ma non lucida, adatta alla lettura e alla stampa a colori. Ingegnosi ed esteticamente pregevoli i due accorgimenti utili al lettore per trovare velocemente i capitoli di interesse. Oltre a segnalibri in tessuto colorato posti all’inizio di ogni macro-capitolo, il margine delle pagine è sagomato come una gigantesca rubrica. Rientranze a mezzaluna aiutano a individuare immediatamente inizio e fine degli argomenti, oltre a creare un bellissimo effetto di design che impreziosisce il volume.
Quello dei simboli è un argomento estremamente complesso, che abbraccia un ampio gruppo di discipline di studio sulla mente umana, sulla sua evoluzione e sulla produzione artistica. In quanto volume di una casa editrice d’arte, mi aspettavo di avere tra le mani un tomo che parlasse principalmente dell’uso e del significato di determinati simboli nella Storia dell’Arte, ma è bastato iniziare la lettura per rendermi conto che non è con questo spirito che “Il libro dei simboli” è stato concepito.
Gli autori, infatti, hanno spaziato liberamente dall’arte all’antropologia, dalla psicologia al significato dei sogni, dalla mitologia alla letteratura, dall’alchimia alla scienza. Il linguaggio non è sempre semplice e lineare, non ci si trova a leggere delle nitide lezioni nozionistiche, bensì ad immergersi in una serie di suggestioni a volte quasi oniriche, poetiche.
Questo è un aspetto fondamentale da tenere in conto prima di acquistare questo libro. Se lo scopo è didattico, o se non si conoscono almeno a livello d’infarinatura le materie qui sopra elencate, meglio dirigersi sull’acquisto preventivo di un altro testo. Se, al contrario, si possiede già una certa cultura in merito e si cerca ispirazione per la propria creazione artistica, oppure ulteriore materiale per la propria formazione di psicologo o antropologo, allora questo è il non-plus-ultra.
I macro-capitoli sono cinque e si riferiscono alla Creazione, al Mondo Vegetale, al Mondo Animale, al Mondo Umano e al Mondo Spirituale.
Il primo capitolo si sofferma principalmente sui concetti cosmogonici di Creazione e sui Quattro Elementi della tradizione occidentale, argomento ampio e complesso che già di per sé necessiterebbe di un tomo a parte per parlarne in maniera esauriente.
Si passa quindi al Mondo Vegetale, in cui si descrivono alberi, piante e fiori a cui la psiche umana ha associato significati profondi e simbolismi particolari. L’Uomo ha sempre avuto un rapporto ambiguo con il “verde”, da un lato fonte di sostentamento e piacere per la vista, dall’altro causa di ataviche paure o risorsa da sfruttare brutalmente.
Lo stesso vale per il Mondo Animale, in cui però si aggiunge uno spirito di immedesimazione che forse ci arriva dai riti ancestrali dei nostri progenitori, i quali partecipavano alle leggi della natura chiedendo in prestito la forma di determinati spiriti animali, che a volte diventavano numi protettori della persona singola o dell’intero gruppo sociale. Il capitolo è diviso per specie, facendo attenzione anche alla differente valenza di animali selvatici e bestie domestiche.
Il capitolo più ampio è quello dedicato all’Uomo stesso. Si parla delle parti del suo corpo e delle sue percezioni sensoriali come dei suoi manufatti, degli edifici che abita, dei mezzi di trasporto e degli utensili che ha inventato. Tutto ciò che nasce dall’Uomo assume un significato più profondo del mero utilizzo che se ne fa, lasciando tracce nei processi psichici e artistici.
Si conclude il ciclo con una panoramica sul mondo dello Spirito, sul mistero e il fantastico. Si parla degli animali del mito, delle problematiche relative alla morte e ai rituali misterici e religiosi, e dei processi della psiche.
Un volume da leggere con calma, prendendosi tempo per riflettere su ogni suggestione e ricavarne quelle immagini mentali che fanno da scintilla alla creazione di una nuova espressione artistica.