martedì 24 novembre 2020

Rock&Arte

 


Tutta la seconda metà del ‘900 ha visto il mondo della musica “popolare” e l’arte unirsi in un connubio mutevole e poliedrico, che ha rispecchiato fino agli estremi i continui e profondi mutamenti nel pensiero, negli ideali e nelle aspirazioni di generazioni. Soprattutto il rock, in tutte le sue sfaccettature, si è legato a doppio filo al fare artistico e ha attratto a sé con un’inarrestabile forza creativi di ogni genere.

Il saggio ROCK E ARTE, edito da Hoepli e scritto a sei mani da Guaitamacchi Ezio, Follieri Leonardo e Crotti Giulio, è   stampato su carta lucida per far risaltare le bellissime immagini e si immerge in un’analisi non cronologica ma tematica di questo connubio. Si passa dalla relazione più scontata, quella della creazione di poster e copertine, al lavoro dei fotografi, degli stilisti, dei decoratori che hanno messo mano agli strumenti o a “oggetti culto” dei personaggi più famosi del panorama musicale. Il lavoro di questi artisti viene analizzato citando le collaborazioni migliori, i binomi più duraturi, gli stili e la carriera precedente e successiva agli eventi artistici più conosciuti. Viene messa in luce la strettissima relazione tra musica rock e letteratura alta, nonché la poliedricità di molti musicisti che sono altrettanto ferrati – anche se non forse ugualmente famosi – anche in arti alternative.

Il testo è una miniera di informazioni, che spingeranno l’appassionato a fare ulteriori ricerche di approfondimento e apriranno un mondo a chi non conosce ancora l’argomento. Scritto con semplicità e chiarezza, consente una lettura piacevole, stimolante sia dal punto nozionistico che da quello visivo. Qualche informazione è parziale o errata e gli autori tendono a concentrarsi sempre sugli stessi artisti, ma questi sono molto numerosi e vari perciò non si può ritenere un vero e proprio difetto. Per tutti gli amanti del genere e per i curiosi.

venerdì 23 ottobre 2020

Sotto le stelle & Il tempo dell'aurora

Ebe e Dianora sono gemelle. Entrambe ballerine, entrambe splendide e giovani, con appariscenti capelli rossi. Eppure, non potrebbero essere più diverse: tanto Ebe è modesta, amante della vita quotidiana e pronta ad aiutare la madre nella povera casa di Milano che la famiglia di sole donne occupa, tanto Dianora è arrogante, desiderosa di fare la bella vita, anche a costo di rovinarsi la reputazione. Quando il bell’aviatore Giorgio Villagrazia, invaghitosi di Ebe a prima vista, avvicina Dianora scambiandola per la sorella, la giovane prende la palla al balzo e diventa l’amante dell’avvenente e ricco militare, portandolo via alla sorella e iniziando una vita di eccessi, che farà morire la mamma di crepacuore e metterà in cuore a Giorgio il tremendo dubbio di aver commesso un errore. Tra i patemi di Ebe, rimasta sola, gli eccessi di Dianora e i dubbi di Giorgio, che si riscopre debole e soggiogato dal desiderio a cui Dianora lo tiene avvinto, si consuma un difficile triangolo amoroso sullo sfondo dell’ingresso italiano nelle ostilità della Seconda Guerra Mondiale.

Il romanzo di Liala si dipana con l’eleganza di stile e parola che le è propria. Alcuni personaggi hanno poco spessore, incarnando più ideali che persone vere e proprie, ma si trovano caratterizzazioni ficcanti che tengono insieme la trama, tutto sommato semplice. Dianora è splendida e malvagia, ma tarata da un’ignoranza innata che non si cura di superare e che la rende molto umana e credibile. Giorgio non è il principe azzurro, ma un ragazzo ingenuo e troppo viziato, che per puro desiderio fisico si fa prosciugare dalle finanze e trattare come uno zerbino. Anche la madre del giovane, donna Elena, è un personaggio vitale e azzeccato, ben delineato.

Il romanzo ha un seguito, “Il tempo dell’aurora”, dove l’amore tra Ebe e Giorgio viene di nuovo messo in discussione dalla terribile gelosia di quest’ultimo verso il bellissimo Roberto Allegri, anch’egli innamorato della giovane, e Dianora inizia una lunga discesa agli inferi nel momento in cui si innamora davvero di un uomo, il nobile ballerino Vilfredo Pons, e si trova a dover fare i conti tra questo sentimento e le sue macchinazioni diaboliche, e la necessità mai sopita di mentire su ogni cosa. Il romanzo precipita tutti verso il peggio di se stessi, a volte sfociando in scene che cozzano con la caratterizzazione fin lì delineata, soprattutto per ciò che concerne Ebe. Vi sono anche alcune scene che non tornano, personaggi che tradiscono i propri segreti senza le corrette reazioni da parte di chi ascolta, ma nel complesso il romanzo tiene e, con buona pace di Ebe, le vicissitudini della sorella tengono banco con maggiore successo, tanto da instillare verso la fine un’inaspettata commozione.

Una bella lettura d’altri tempi, senza cime né abissi.

lunedì 21 settembre 2020

Manuale pratico di fotografia digitale

 

Il “Manuale pratico di fotografia digitale” di Steve Luck, edito da IdeaLibri, è un ottimo punto di partenza per coloro che vogliono imparare a utilizzare una macchina fotografica e migliorare la qualità dei propri scatti. Il manuale, stampato su carta lucida e corredato da molte fotografie di riferimento, si propone con una suddivisione in macro e micro-capitoli, in maniera da affrontare un argomento per volta e proporre esercizi. Conviene seguire il testo avendo a disposizione la macchina e mettendo subito in pratica le conoscenze e i consigli proposti.

L’argomento, infatti, non è dei più semplici, anche se l’autore si sforza di utilizzare un linguaggio comprensibile anche ai più acerbi. Il corpo macchina e gli accessori, però, hanno caratteristiche di tipo matematico che chiedono un confronto costante tra il testo e la pratica, quantomeno per comprendere certe funzioni e come queste influiscano sul prodotto finale.

La prima parte affronta in generale il tipo di macchine fotografiche tra cui scegliere, il formato dei file e la risoluzione. La seconda si inoltra con maggiori dettagli nel corpo macchina, per poi passare agli elementi base di composizione fotografica. Il terzo capitolo apre agli scatti fotografici creativi e alle possibilità date dalla macchina e dagli elementi della composizione. Le ultime tre parti si riferiscono alla post-produzione al computer, mostrando i comandi essenziali dei software di gestione immagine e le opzioni di stampa.

Pur se un po’ datato per ciò che concerne il comparto tecnologico, il manuale è un ottimo strumento per avvicinarsi alla fotografia con una guida passo passo, adatta a tutti.

giovedì 10 settembre 2020

Il buio in sala

 

Leo Ortolani non ha bisogno di presentazioni. La sua presenza è costante da anni nel panorama fumettistico italiano e il suo Rat-Man è un personaggio unico e indimenticabile. Ortolani però non si limita a creare storie a fumetti. Spesso è protagonista delle proprie opere e traspone la sua vita in strisce che uniscono comicità, ironia pungente e spietata capacità di colpirti al cuore quando meno te l’aspetti. 

Una delle passioni di Ortolani è il cinema, soprattutto quello delle pellicole più “nerd”: supereroi, fantascienza, fantasy, sparatutto e via dicendo. Ecco quindi una raccolta delle sue recensioni cinematografiche in formato fumetto, edita da BAO, un libro che vi farà annuire e prorompere in frasi di approvazione per poi andare a toccare i vostri nervi scoperti di fan sfegatati e portarvi a borbottare inutilmente ai danni dell’autore. Troverete Star Trek e Star Wars, i film Marvel e DC, Il Signore degli Anelli e Terminator…e tanti, tantissimi altri titoli. Le sue recensioni sono sempre un ariete contro un portone. Vanno a scovare senza ritegno i buchi di trama, le carenze degli attori, le decomposizioni nella sceneggiatura. Anche quelli su cui avevate chiuso un occhio, o tutti e due, magari aggiungendo un sacchetto di carta sulla testa, perché aspettavate di vedere quel film da una vita.

Uno spietato e divertentissimo spaccato a fumetti di ciò che è diventato oggi il cinema di intrattenimento.

lunedì 10 agosto 2020

Quel fantastico giovedì

Doc torna a Cannery Row e cerca di riprendere in mano le redini del suo laboratorio, mettendosi in pari con i cambiamenti della piccola comunità, riallacciando il rapporto con il vecchio e disastrato gruppo di amici ma, soprattutto, tentando di fare i conti con se stesso. La sua anima è cambiata, la serena noncuranza e accettazione di tutti i giorni non esiste più. Qualcosa lo rode dentro e Doc non vuole codificare quella mancanza. Si butta sugli esperimenti scientifici ma perfino questi diventano un loop di frustrazione senza via d'uscita. Mentre gli amici lo vedono affondare, chiedendosi cosa poter fare per lui che li ha sempre aiutati, a Cannery Row arriva Suzy. Con un passato da dimenticare, si mette al lavoro al Bear Flag, una tra le tante ragazze di Fauna. Forse non è adatta a quel lavoro, non con la parlantina che si ritrova e quell'orgoglio che la tiene in piedi. Fauna vorrebbe darle una vita migliore e, insieme agli altri membri della stramba comunità, inizia a progettare un modo per risolvere, in una sola volta, i problemi di Suzy e di Doc. Perché, a volte, due persone con nulla in comune sono le più adatte per regalarsi un po' di felicità.

Con una scrittura frammentata, che lascia al lettore una sequenza di vuoti apparenti, John Steinbeck compie con eleganza il miracolo di farci "vedere" Cannery Row e la sua gente. Non abbiamo bisogno che tutto ci venga narrato a parole. Nell'arco di poche pagine, si entra in sintonia e gli apparenti vuoti si riempiono, la sensazione di frammentarietà scompare. 

La storia si svolge tutta nel circolo chiuso della piccola comunità, con i suoi personaggi caratteristici, quasi maschere che però conservano la scintilla umana necessaria a evitare di scivolare nel grottesco. Divertenti, controversi, sanno diventare commoventi nel loro affetto per Doc, nel fare maldestro con cui preparano piani per il bene dell'amico e ne ricavano guai a non finire. Sono loro i veri protagonisti della storia. Gli abitanti di Cannery Row hanno il fallimento scritto su ogni tratto nel volto, ma vivono il futuro con un'ingenua e potente speranza che riempie il cuore. Si vive di espedienti, interpretando la legge e il decoro con la libertà di un bambino, senza guardarsi indietro. Eppure, ogni tanto al Bear Flag la signora Fauna riesce a piazzare una stella d'oro nella sua collezione e a regalare a una delle sue ragazze una vita regolare. 

Cambiare è possibile, per quanto lontano possa apparire il miraggio. Un fantastico giovedì è sempre dietro l'angolo.

lunedì 13 luglio 2020

L'inviato speciale

Il mondo del giornalismo è spesso inquinato da polemiche e da pratiche poco etiche che ne hanno minato l'immagine. Questo, comunque, non è un fatto nuovo. Già nel 1936, infatti, Evelyn Waugh pubblicò un romanzo che era una satira impietosa dell'ambiente giornalistico, soprattutto per quanto concerneva l'ambito degli inviati di guerra. Il romanzo si intitola "Scoop", ribattezzato "L'inviato speciale" in Italia. 
Con una scrittura scarna,  paradossale, Waugh racconta la storia di William Boot, autore di una rubrica bucolica, il quale, per uno scambio di persona, si ritrova alla redazione del Beast a ricevere l'incarico di partire come corrispondente di guerra per Ismailia, oscuro Paese africano improvvisamente al centro delle mire di più potenze mondiali. William, ingenuo e ignaro dei meccanismi dietro a questo tipo di situazioni geo-politiche, collezionerà momenti di disagio e imbarazzo, circondato da giornalisti in apparenza più scafati ma in realtà sballottati a destra e a manca dietro alla prima notizia (falsa ma sensazionalistica) uscita dalle labbra di qualcuno o anche solo inventata durante la notte. 
Incontrerà un'umanità allucinata, borderline, finendo in un calderone di complotti e rivoluzioni decise a tavolino, un caos autentico al di sotto di quello costruito dai verbosi articoli dei giornalisti e di cui William sarà l'unico vero testimone, suo malgrado diventando un esempio di giornalismo di guerra. Conoscerà l'amore in una ragazza bella e spiantata che aspetta il marito scomparso, ma si ridurrà a farle da salvadanaio per poi perderla. Al suo ritorno, William farà di tutto per tornare all'oblio da cui era venuto e uscire da questo meccanismo di assurdità.
A tratti, il romanzo sembra un esempio di teatro dell'assurdo. I personaggi sono maschere, i cui comportamenti eccentrici sono portati all'eccesso. Non aspettatevi realismo, ma una deformazione grottesca in cui non si sa mai chi parla sul serio e chi scherza. Al contempo, l'autore centra i suoi obiettivi con spietata sicurezza. Una narrativa che potrebbe non piacere a tutti, ma che vale il tentativo.

lunedì 6 luglio 2020

L'isola delle comete

Giovanni Figino è un ragazzo di Milano con grandi sogni. Fuggito da casa della nonna, in mezzo ai disordini tra francesi e spagnoli che devastano la Lombardia, si mette alla ricerca di un tesoro di famiglia la cui stessa esistenza è un mistero irrisolto. La bravata gli farà conoscere strambi e piuttosto loschi (ma fedeli) compagni di ventura, che non solo lo accompagneranno nella ricerca di questa eredità nascosta, ma gli saranno a fianco anche quando stringerà un matrimonio che gli darà un futuro come commerciante, quando da Milano si trasferirà a Venezia per sfuggire a un sicario e perfino nel momento in cui il suo spirito d'avventura lo metterà per mare, spingendolo sempre più lontano da casa, in un viaggio che gli farà capire maggiormente se stesso e il complicato, forse troppo vasto mondo che si palesava agli occhi occidentali del XVII secolo.
"L'isola delle comete" di Nino Majellaro, edito con Camunia, è diviso in episodi corrispondenti alle diverse età - quasi alle diverse vite - del protagonista. La scrittura non si perde in chiacchiere, né in eccessive descrizioni, lasciando che sia lo scorrere della narrazione a creare la scenografia della storia. I personaggi sono scarni, molto umani nei pregi e nei difetti, prosaici e poco portati all'immaginazione, ad eccezione di Giovanni stesso, romantico suo malgrado e influenzato da quel libro, il Sognario, che l'ha messo alla ricerca della sua eredità e ha dato l'impronta a tutto il resto della sua esistenza. Bello spaccato storico di Milano e di Venezia, ma anche di terre più lontane, la trama ha solide fondamenta storiche senza diventare uno sterile sfoggio di conoscenza. L'utilizzo del dialetto nella parlata di alcuni personaggi aggiunge realismo e un senso dell'umorismo pungente. Insieme equilibrato di Storia, avventura e ricerca, il romanzo è una lettura estremamente piacevole, che coniuga senza difficoltà l'intrattenimento alla conoscenza.

giovedì 12 marzo 2020

L'amico di famiglia


“L’amico di famiglia”, romanzo di Irwin Shaw, racconta come una famiglia piccolo-borghese americana venga stravolta nelle sue dinamiche e nei rapporti affettivi dall’arrivo di un elemento esterno, un miliardario salvato da un’aggressione al parco e ospitato per le prime cure. Questo aneddoto creerà un legame tra loro, fortemente voluto dal miliardario, che diventerà mentore e protettore della famiglia di Allen, insegnante di materie umanistiche. Tutte le sue munifiche iniziative per migliorare la loro quotidianità o per aiutarli a realizzare i loro sogni, però, si riveleranno un boomerang che metterà in luce aspetti torbidi del carattere di ognuno e Allen, insieme alla moglie, si troverà invischiato nei segreti e nell’oscura disperazione del loro benefattore.
Il romanzo è scritto con sapienza, per ciò che concerne lo stile. Contiene una consistente dose di cinismo, ma anche un giudizio nemmeno troppo velato sugli argomenti trattati. La cosa, nei momenti in cui si fa più scoperta, fa storcere il naso per l’invadenza dell’autore. I personaggi, nella parte iniziale, sono ben delineati e adatti a descrivere una famiglia di estrazione sociale media, con i genitori insegnanti che fanno sacrifici per i tre figli, ognuno con la propria personalità e sogni più o meno precisi da realizzare. Il miliardario è una figura più ambigua, scelta azzeccata per mantenere vivo l’interesse verso i capitoli successivi. Il lettore continua per un pezzo a chiedersi se si trova davanti a un personaggio positivo o negativo, se la sua generosità abbia un secondo fine.
All’avviarsi delle vicende vere e proprie, però, qualcosa stona e questa mancanza armonica si fa sempre più importante fino a diventare dissonanza. Non solo i personaggi prendono decisioni che una qualunque persona di buon senso troverebbe discutibili e forzate, ma col procedere della storia tutti i protagonisti mostrano un carattere e un modo di fare quasi opposto a quanto narrato nel principio. L’intento è mostrare come i soldi cambino le persone (in peggio) e quanta finzione si nasconda nei rapporti interpersonali, perfino quelli familiari. L’autore intendeva ricordarci che, in verità, non conosciamo mai nessuno per ciò che è finché non è troppo tardi. L’operazione, però, avviene in modo tanto reciso e brutale da far cadere la sospensione d’incredulità e farci chiedere se questa famiglia non sia composta da persone con disturbi psicologici. Una ragazza insicura e votata allo sport diventa un’oca mangiauomini. L’affarista si trasforma nella moglie sottomessa di un italiano accecato da un ideale (sì, gli italiani sono stereotipati al massimo, e non solo loro). Il ragazzo col pallino della musica in pochi mesi si trasforma in uno squalo della produzione musicale. E così via, così discorrendo…
Una lettura non sgradevole ma che fa storcere il naso o alzare le sopracciglia fin troppe volte.