giovedì 12 marzo 2020

L'amico di famiglia


“L’amico di famiglia”, romanzo di Irwin Shaw, racconta come una famiglia piccolo-borghese americana venga stravolta nelle sue dinamiche e nei rapporti affettivi dall’arrivo di un elemento esterno, un miliardario salvato da un’aggressione al parco e ospitato per le prime cure. Questo aneddoto creerà un legame tra loro, fortemente voluto dal miliardario, che diventerà mentore e protettore della famiglia di Allen, insegnante di materie umanistiche. Tutte le sue munifiche iniziative per migliorare la loro quotidianità o per aiutarli a realizzare i loro sogni, però, si riveleranno un boomerang che metterà in luce aspetti torbidi del carattere di ognuno e Allen, insieme alla moglie, si troverà invischiato nei segreti e nell’oscura disperazione del loro benefattore.
Il romanzo è scritto con sapienza, per ciò che concerne lo stile. Contiene una consistente dose di cinismo, ma anche un giudizio nemmeno troppo velato sugli argomenti trattati. La cosa, nei momenti in cui si fa più scoperta, fa storcere il naso per l’invadenza dell’autore. I personaggi, nella parte iniziale, sono ben delineati e adatti a descrivere una famiglia di estrazione sociale media, con i genitori insegnanti che fanno sacrifici per i tre figli, ognuno con la propria personalità e sogni più o meno precisi da realizzare. Il miliardario è una figura più ambigua, scelta azzeccata per mantenere vivo l’interesse verso i capitoli successivi. Il lettore continua per un pezzo a chiedersi se si trova davanti a un personaggio positivo o negativo, se la sua generosità abbia un secondo fine.
All’avviarsi delle vicende vere e proprie, però, qualcosa stona e questa mancanza armonica si fa sempre più importante fino a diventare dissonanza. Non solo i personaggi prendono decisioni che una qualunque persona di buon senso troverebbe discutibili e forzate, ma col procedere della storia tutti i protagonisti mostrano un carattere e un modo di fare quasi opposto a quanto narrato nel principio. L’intento è mostrare come i soldi cambino le persone (in peggio) e quanta finzione si nasconda nei rapporti interpersonali, perfino quelli familiari. L’autore intendeva ricordarci che, in verità, non conosciamo mai nessuno per ciò che è finché non è troppo tardi. L’operazione, però, avviene in modo tanto reciso e brutale da far cadere la sospensione d’incredulità e farci chiedere se questa famiglia non sia composta da persone con disturbi psicologici. Una ragazza insicura e votata allo sport diventa un’oca mangiauomini. L’affarista si trasforma nella moglie sottomessa di un italiano accecato da un ideale (sì, gli italiani sono stereotipati al massimo, e non solo loro). Il ragazzo col pallino della musica in pochi mesi si trasforma in uno squalo della produzione musicale. E così via, così discorrendo…
Una lettura non sgradevole ma che fa storcere il naso o alzare le sopracciglia fin troppe volte.