sabato 25 agosto 2012

Eloisa e Abelardo

La storia scandalosa tra Abelardo e Eloisa è al contempo un romanzo d’amore e un documento storico di valore inestimabile sull’evoluzione culturale e spirituale di un secolo di passaggio dal buio Medioevo a un’età in cui la ricerca della sapienza e la riforma monastica divennero imperativi costanti, che portarono a importanti innovazioni sociali.
La storica francese Régine Pernoud si accosta all’analisi del carteggio fra i due protagonisti della vicenda in un saggio che non si pone come obiettivo quello di valutare quanto di questi testi sia realmente uscito dalla penna dei due sfortunati amanti, bensì quello di utilizzare i documenti a sua disposizione per tratteggiare con dovizia di particolari l’ambiente in cui i due si formarono e presero la strada che li condusse a entrare nella Storia.
Abelardo fu uno dei più importanti esperti di dialettica e filosofia del suo tempo. Nato da una nobile famiglia bretone, istruito al massimo grado, cedette i propri diritti di primogenitura ai fratelli per andare a studiare a Parigi, che a cavallo tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo stava ritagliandosi un posto di prima classe per le proprie scuole, in cui veniva insegnato tutto lo scibile allora conosciuto.
Il giovane era portato per la dialettica, l’arte di discutere qualunque tesi tramite dibattito per giungere poi a conclusioni e difenderle dagli attacchi altrui. Senza dubbio molto dotato, era anche presuntuoso e vanitoso. Non tardò a mettersi in antagonismo ai propri maestri, arrivando addirittura ad aprire una scuola propria e a circondarsi di discepoli.
All’apice della sua gloria, si risvegliò in lui il desiderio per le donne. Egli trovò soddisfazione facendo sua la più bella e acculturata fanciulla presente a Parigi a quel tempo: Eloisa, nipote di un ecclesiastico, che contrariamente alle sue coetanee aveva insistito per essere edotta nelle materie classiche. Abelardo riuscì a installarsi nella casa dello zio di lei e a diventare non solo il precettore della giovane, ma anche il suo amante. La passione tra i due fu talmente divorante da generare scandalo.
Eloisa rimase incinta, i due furono costretti a sposarsi benché lei – dimostrando una consapevolezza e un senso d’abnegazione tremendamente moderni – fosse contraria a legare Abelardo con un matrimonio che avrebbe tarpato le ali alla sua carriera. I parenti di Eloisa, però, non furono soddisfatti dal matrimonio riparatore e meditarono ulteriore vendetta. Quando Abelardo fece entrare Eloisa in convento come novizia, gli si scagliarono contro e lo evirarono.
Dalla menomazione fisica, Abelardo imparò cos’aveva significato per lui inoltrarsi nel peccato. Si avvicinò così alla vita monastica, diventando uno dei padri della scolastica. Il saggio spiega con chiarezza l’evoluzione della conversione spirituale di Abelardo e lo spostamento della sua ricerca logica sul piano prettamente religioso.
La sua grande abilità dialettica, però, non aveva ancora finito di portargli guai. L’autrice ci fa immergere in un mondo di dispetti, angherie, ingiurie tra ecclesiastici che rendono molto umani personaggi passati alla storia per la loro santità. Le diverse scuole di pensiero si fronteggiano in concili furibondi, in missive al veleno tra i diretti interessati e i potenti che avrebbero potuto prendere una parte piuttosto che l’altra.
Il genio della dialettica si trovò così invise le simpatie dei monaci a cui si era unito per la sua passione logica, in contrasto con visioni di pura fede o abitudini troppo radicate perché fosse concesso metterle in discussione. Gli anni della maturità furono un calvario per quest’uomo, che pur nella sua presunzione aveva davvero rivolto l’animo a Dio.
Eloisa camminò al suo fianco nella via evangelica, intrattenendo con lui uno stretto rapporto epistolare ora che la vita li aveva separati. Lei rimane il “cuore” della loro unione, custode di sentimenti e passioni che per lei non erano mai state sopite ma che tenne per sé nel rispetto della volontà dell’amato.
La Pernoud tratteggia con sapienza e una prosa scorrevole e molto umana la storia di questi due amanti del passato, uniti dalla carne e poi dalla fede, tormentati per tutta la vita ma forse per questo consegnati per sempre alla Storia.

lunedì 20 agosto 2012

Intensity

“Intensity” di Dean Koontz è un thriller edito in Italia dalla Sperling & Kupfer, un romanzo d’azione che si immerge nella psicologia di un pericoloso maniaco omicida e di una donna che nella vita ha sempre dovuto recitare il ruolo di vittima, ma che per una volta decide di prendere in mano la situazione e cavarsela con le proprie forze.
Chyna ha vissuto un’infanzia disastrata. La madre l’ha trascinata con sé attraverso gli Stati Uniti, in una vita nomade e sregolata al fianco di uomini sempre diversi ma accomunati da un tratto: la tendenza al caos, alla violenza gratuita, all’amore per le armi e la morte. Chyna ha assistito a cose orribili e lei stessa si è salvata più volte solo grazie ad un istinto di sopravvivenza in costante allenamento.
Ora che è donna e si è fatta una vita normale, lontana dalla madre, China desidera solo condurre un’esistenza di cui possa essere fiera. Purtroppo sembra che il destino voglia beffarla a qualunque costo. Mentre si trova in vacanza da un’amica, infatti, la giovane donna assiste impotente ad alcuni efferati omicidi. Lei stessa si salva a stento, terrorizzata, dal maniaco che rapisce la sua amica Laura.
Chyna, rifiutandosi di essere vigliacca, tenta di salvare l’amica recuperandola dal camper dell’assassino, ma finisce per rimanervi prigioniera all’insaputa dell’omicida, senza per altro poter fare più niente per Laura. Ormai può solo fuggire, alla prima occasione. Purtroppo per lei, l’assassino non è un comune maniaco. Edgler Vess crede di essere qualcosa in più di un normale essere umano. Qualcosa di eletto, superiore. Egli, infatti, non si limita a vivere. Lui gusta la vita, la divora, la palpa, la fa sua attraverso i cinque sensi. Ama la sensazione del dolore e gode nell’infliggerlo agli altri; l’azione dell’uccidere esalta la sua sensibilissima percezione del mondo.
E’ per un puro caso che Chyna viene a conoscenza, una volta sgusciata via dal camper, del segreto più orribile di quell’uomo già abbastanza terrificante: egli tiene prigioniera una sedicenne, la bella Ariel, segregata in cantina. Per non si sa quale ragione, Edgler desidera farla partecipe della sensazione della “intensità”, vuole condividere con lei i suoi efferati delitti, in attesa che cresca per…cosa? Violentarla? Ucciderla?
Non sono affari di Chyna, che è riuscita a stento a conservare la propria vita. Cosa può fare lei, per quella ragazza, se non chiamare la polizia? Eppure, la somiglianza tra la situazione della giovane Ariel e la sua infanzia negletta cancellano dalla mente della donna ogni pensiero razionale. Non può lasciarla da sola e solo lei può condurre la polizia nel nascondiglio del mostro. Chyna si mette così all’inseguimento di Edgler Vess, iniziando una partita mortale.
Il thriller di Koontz è caratterizzato in ogni sua sfaccettatura da alti e bassi. La prosa, per esempio, ha il pregio di una certa ricerca stilistica nel narrare le vicissitudini di Chyna tramite il normale passato remoto in uso nella narrativa, per passare al tempo presente quando il punto di vista si sposta all’interno della mente di Edgler, che vive appunto nell’immediato della sensazione. Questa ottima idea, anche se non nuova, viene sciupata da passaggi piuttosto stranianti tra scene crude e scarne, dove ogni parola ha il suo peso e la sua misura, ad ampi passaggi di tono lirico-poetico in una pallida imitazione di decadentismo che stonano nell’incunearsi tra una scena d’azione e l’altra. In parte anche a causa di una traduzione non felicissima, queste discrepanze si notano soprattutto all’inizio del romanzo, quando ancora si è impegnati a “farsi la bocca” con la storia.
Se il cattivo della situazione è plausibile e veramente terrificante nella sua ordinata violenza, la protagonista risulta priva di spessore, un personaggio letterario e poco aderente alla realtà. Difatti l’autore continua a giustificare le azioni avventate di Chyna tramite lunghi ragionamenti, riflessioni, ricordi traumatici del passato, che finiscono per diventare ripetitivi e ottengono come unico effetto di far capire al lettore che il romanzo si dipana non in maniera logica ma al servizio dei climax che l’autore ha intenzione di inserire. Pure, le scene d’azione sono forti e sanguigne, fanno accelerare i battiti.
“Intensity” è una lettura senza tante pretese, da affrontare senza spirito critico, per il puro gusto di sfogliare un libro sotto l’ombrellone. Godibile, ma niente di che: un’occasione perduta.

lunedì 13 agosto 2012

L'esorcismo

L’esorcismo è il rito attraverso cui si opera una liberazione dalla possessione sul corpo di un uomo o una donna, tormentati da entità malvagie e diaboliche. I posseduti, di solito, si rivolgono alle autorità ecclesiastiche solo dopo aver tentato ogni altra strada. L’esorcismo non è un rito afferente in maniera esclusiva al Cristianesimo, ma esiste in molte altre culture, con valenze differenti.
Il saggio “L’esorcismo” edito da Xenia e scritto da Massimo Centini vuole offrire informazioni più dettagliate riguardo un fenomeno che la gran parte di noi conosce solo in maniera distorta, attraverso la mediazione cinematografica dei film dell’orrore.
Inizialmente, l’autore mette l’accento sulla differenza insita nel rito dell’esorcismo rispetto a una normale benedizione. Mentre la seconda ha come scopo quello di attirare energie positive sulla persona oggetto della benedizione, e questo indipendentemente dalla sua condizione psico-fisica al momento, l’esorcismo è un rito magico-religioso che si opera solo in presenza conclamata di energie negative, che hanno preso possesso di una persona e vanno scacciate.
Vengono cercate tracce dell’esorcismo nelle sacre scritture, per valutare come il rito si è evoluto nel tempo, e si analizza il rito corrente per la religione Cristiana, regolato da precise norme cui l’esorcista deve attenersi.
L’autore offre anche una disamina dei differenti stati alterati di coscienza, che potrebbero essere segnale di possessione diabolica oppure condizione ideale affinché l’interessato si trovi in pericolo. Si studia la natura del Diavolo, o dei numerosi demoni responsabili della possessione, analizzando i loro scopi e i segni ricorrenti sul corpo dell’indemoniato in base ai documenti antichi che ci sono pervenuti.
Viene sottolineato più volte il fatto che gran parte delle volte il posseduto non è tale, bensì una persona la cui mente è sconvolta da una qualche patologia psicologica. Oggi, la scienza ha i mezzi per riconoscere gran parte di queste alienazioni e gli stessi esorcisti tendono a formarsi una cultura a livello psichiatrico per non farsi trarre in inganno. Anche l’antica caccia alle streghe, in fondo, gran parte delle volte si sarebbe risolta con una diagnosi di demenza, schizofrenia o ossessione della presunta strega, ben lontana da qualsiasi possessione diabolica.
Nemmeno sante e beate sono rimaste lontane da sospetti di rapporti con il Maligno, esposte com’erano al suo potere a causa dei frequenti stati d’estasi. Il Diavolo, infatti, viene descritto in tutti i documenti come esperto nel camuffamento, tanto da presentarsi persino nella veste di Gesù Cristo pur di ingannare l’anima che ha scelto di corrompere.
Per quanto interessante, il saggio non riesce ad essere esaustivo su alcuno dei sentieri imboccati dall’autore. Nonostante venga specificato più volte, ad esempio, che l’esorcismo non è un fenomeno solo occidentale e cattolico, non c’è una descrizione di riti differenti da quello Romano, una seria indagine antropologica sulla possessione non diabolica e sul modo di affrontarla presso altre culture.
Si immagina, allora, che almeno la visione cattolico-cristiana dell’evento venga trattata in maniera completa, con descrizione non solo del rito, ma anche della preparazione del sacerdote e di una casistica che funga da esempio.
Purtroppo anche questa speranza viene frustrata. Non c’è alcuna casistica e il rito viene descritto tramite citazioni dai testi che regolano tale pratica. Piuttosto l’autore preferisce parlare di argomenti di dubbia valenza quali i presunti messaggi satanici registrati sui dischi rock o trattare brevemente di pochi casi d’omicidio in Italia legati in qualche modo a confusi rituali satanici.
In breve, il testo offre sicuramente un discreto primo approccio alla materia, ma non è sufficiente a farsi un’idea precisa di cosa sia l’esorcismo. Suggerisco, per gli interessati, di approfondire altrove dopo la lettura di questo saggio.

mercoledì 8 agosto 2012

Fidati!

Heather e Andrew sono giovani. Hanno solo diciassette anni, un’età in cui i colpi di testa non sono rari e avere fiducia che gli interessi dureranno più a lungo di qualche mese è piuttosto difficile. Questi potrebbero essere i motivi a giustificazione dell’avversione totale che i genitori di entrambi provano verso la loro relazione, ma la verità è più semplice e gretta: lei ha la pelle nera, lui è bianco. Quest’unione “non s’ha da fare”.
Osteggiati dalle famiglie, i due giovani inglesi decidono di concedersi un po’ di tregua partendo per una vacanza, loro due soli, in viaggio per l’Europa da un ostello all’altro. Questo appianerà i dissidi e forse riuscirà anche a sancire un legame sul piano fisico, in maniera da rendere indissolubile il loro amore.
Purtroppo le cose non vanno come previsto. L‘incubo irrompe nelle vite dei due ragazzi sotto forma di un vampiro, Julius, che li irretisce e poi riduce Andrew in fin di vita. L’accorata preghiera di Heather, la profondità dei suoi sentimenti, inducono Julius a porre rimedio…a modo suo. Egli, infatti, trasforma Andrew in un vampiro.
Da questo momento, la vita di Heather si trasforma in uno scivolo verso l’inferno. La relazione tra i due non potrà più essere quella di un tempo. Andrew, però, non accetta di essere separato dalla sua ragazza e tanto dice, tanto fa, che Heather si abbandona al suo bacio di vampiro e torna al suo fianco come non morta.
Il patto di sangue perverte il loro amore in un malsano possesso da parte di Andrew, cui i poteri hanno dato alla testa, mettendo in luce lati oscuri del suo carattere. Heather cerca disperatamente di mantenere la propria umanità, il rapporto pur conflittuale con la propria famiglia, ma questo la conduce sempre più lontana dal giovane che un tempo amava. Possibile che le cose non possano più tornare come prima? Possibile che l’unica cosa che riservi loro il futuro sia la morte?
Questa è, in breve, la trama del romanzo “Fidati!” di Malorie Blackman, edito da Mondadori, una storia per ragazzi sui vampiri che unisce la tradizione alla visione moderna del “succhiatore di sangue”, sulla scia dei romanzi di Anne Rice, capace di condurre una normale vita sociale nei momenti in cui non è in caccia.
La commistione funziona bene, senza togliere nulla al mistero sanguinario del vampiro tradizionale (il romanzo è stato scritto al principio degli anni ’90, ben prima di saghe come Twilight e simili) ma allo stesso tempo slegandolo dal cliché di bare, cimiteri e camere da letto di vergini terrorizzate.
Godibile per ogni tipo di lettore, la storia è comunque dedicata agli adolescenti e a chi ancora ricorda i turbamenti e il modo di affrontare le avversità in questi anni di passaggio dall’infanzia all’età adulta. E’ essenziale calarsi di nuovo in quella forma mentis per seguire con la dovuta partecipazioni le vicende di Heather e Andrew, i cui problemi altrimenti perderebbero di urgenza e intensità.
Gli scontri con i genitori, le riunioni con gli amici, i bulli sempre pronti a scatenare una rissa, le piccole ripicche, le gelosie, l’illusione meravigliosa che l’amore durerà per sempre e saprà superare qualsiasi ostacolo…E’ un’età che brilla di luce propria. Anche per questo è ancora più orribile che Heather ed Andrew vengano catapultati nella tenebra quando hanno vissuto ancora così poco della vita umana. Diventa troppo facile dimenticare ciò che si era.
Tra le righe si respira una Londra che si è appena lasciata alle spalle gli anni ’80, una generazione di ragazzi più presente e ambiziosa di quella corrente, una città cosmopolita eppure ancora piena di pregiudizi e conservatorismo molto europeo.
La prosa della Blackman non si perde in troppe descrizioni inutili, utilizzando la prima persona per darci uno scorcio il più possibile limpido dell’animo di Heather, delle sue paure e dei suoi sentimenti. L’azione scorre veloce, chiara come la proiezione di un film. A parte alcune piccole cadute di tensione, il romanzo è un invito alla lettura tutta d’un fiato.
Una tenera storia dell’orrore, una parentesi nostalgica su una generazione di vent’anni fa.

giovedì 2 agosto 2012

Fiabe irlandesi

L’Irlanda è una nazione che si fregia di una storia lunga e travagliata. Una storia fatta di tradizione, di origini straordinarie e magiche, di indefessa resistenza verso la dominazione straniera, di sentimento religioso intenso e profondo.
Se l’Irlanda è riuscita a passare quasi indenne attraverso la dominazione britannica e la sistematica umiliazione delle proprie origini e della propria tradizione culturale è anche grazie ad alcuni letterati della borghesia protestante che, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, hanno cercato in tutti i modi di recuperare quanto rischiava di andare irrimediabilmente perduto.
Ecco quindi fiorire studi sulla lingua gaelica, sulla musica, sulla danza e sul folklore, compiuti in modo più o meno scientifico in base ai documenti – filtrati attraverso la straordinaria cultura monastica irlandese, tanto elevata da essere esempio per il resto d’Europa per un ampio periodo del Medioevo – ma soprattutto alla testimonianza diretta dei ceti “bassi”, ancora immuni al contagio della lingua inglese e della industrializzata cultura britannica.
William Butler Yeats (1865 – 1939) fu uno dei più importanti letterati d’Irlanda. Di buona famiglia, protestante, autore poetico e teatrale, portò agli estremi la ricerca del folklore locale, già avviata da altri letterati tra cui la madre di Oscar Wilde, a sua volta scrittrice di fama.
Egli riuscì a raccogliere una considerevole mole di materiale narrativo, in parte mediato dalla penna di altri scrittori, in parte tradotto dall’irlandese e, in alcune occasioni, documentato tramite l’ascolto diretto di individui che raccontavano esperienze personali o di conoscenti. Questo notevole lavoro di documentazione sfociò in due distinte raccolte: “Fiabe e racconti popolari delle campagne irlandesi” e “Fiabe irlandesi”.
La casa editrice Newton Compton ne ha messo in stampa una versione completa, unendo i due testi in un unico volume che prende il titolo dal secondo tomo, un’ottima traduzione che rispetta sia le note dell’autore che le parti nel dialetto gaelico, lasciate come nel testo originale.
Nella raccolta sono presenti leggende, favole (che forse un tempo avevano una diversa forma e contenevano messaggi andati perduti con il tempo) e testimonianze, nonché ballate poetiche e musicali. Questa varietà all’origine dei testi si evidenzia anche nelle diverse caratteristiche della prosa, che cambia continuamente volto.
Si passa dalle narrazioni fiabesche, palesemente letterarie, a racconti dallo spiccato umorismo irlandese, fatto di sarcasmo a volte anche pungente, irrisorio tanto verso i buoni quanto verso i cattivi. Le narrazioni in prima persona conservano un tono popolano e sono molto più inframmezzati da termini ed esclamazioni dialettali, che l’autore si premura poi di tradurre per il lettore. Altre storie possiedono ancora tracce dello spirito epico con cui venivano tramandate in origine.
I temi sono molti e Yeats ha diviso le storie a seconda del soggetto trattato. Gli antichi dei, per esempio, si sono trasformati in fate e folletti, esseri dispettosi o benevoli che entrano sovente nelle faccende umane e che non amano essere oggetto di conversazione. Alcuni spiriti si affezionano alle famiglie e le seguono per generazioni. Altri possiedono ricchezze, altri ancora desiderano solo il male di coloro che sono tanto sfortunati da trovarli sulla propria strada.
Vi sono poi racconti sui Santi e sul Diavolo, voce della potenza cattolica nel Paese. Satana compare molto spesso nelle storie (spesso con il familiare nomignolo Nick) e solo l’astuzia può salvare dal cadere nella sua trappola. Più che il Principe delle Tenebre, sembra un affarista dell’Inferno, a sua volta un folletto dannoso e dispettoso.
C’è anche un capitolo sulle apparizioni di fantasmi, anime inquiete fin troppo desiderose di mostrarsi ancora ai viventi. Si parla, inoltre, dei mondi paralleli, quelli dell’Eterna Giovinezza o della Morte, tracce delle antiche credenze religiose celtiche.
Tutti insieme, questi elementi straordinari vanno a forgiare il muliebre volto di un’Irlanda pagana e cattolica allo stesso tempo, forse l’unico luogo al mondo ove la tradizione celtica è riuscita a sposarsi con la religione europea in perfetta armonia, senza scossoni particolari, ricavando dall’unione qualcosa di speciale che non ha eguali.
Una parentesi di sogni e di sorrisi con qualche brivido d’inquietudine.