martedì 17 gennaio 2012

1984


La Guerra è Pace.
La Libertà è Schiavitù.
L’Ignoranza è Forza.

Il 1984, per molti, è solo uno dei tormentati, vivaci, chiassosi anni di un’epoca che si barcamenava tra tensioni a livello internazionale e speranza - nonostante tutto - in un futuro migliore. Un’epoca in cui il computer aveva iniziato a imporsi, in cui si cominciava a vedere la fine della Guerra Fredda. Un anno colorato, pieno di musica e di denunce sociali quanto di guerre e manovre politiche.
Se parlo di Grande Fratello, invece, la maggior parte dei lettori andrà subito con la mente a quel reality di pessimo gusto in cui un gruppo di esseri umani di varia estrazione sociale (ci si chiede dove vadano a pescarli…) risiede in una casa per tot tempo sotto l’occhio costante delle telecamere. Piaccia o meno questo genere di intrattenimento, il nome evoca subito il programma televisivo.
Quando George Orwell scrisse “1984”, però, tratteggiava un futuro ancora lontano e non esistevano format televisivi che scrutassero l’intimità dei concorrenti. Possiamo solo tirare un grandissimo sospiro di sollievo constatando che il genere umano ha preso una strada differente da quella descritta nel romanzo (anche se, accendendo la tv, qualche dubbio sorge); tanto più perché Orwell dipinge un futuro dannatamente plausibile.
I più recenti sviluppi politico-economici danno da pensare.
Nell’immaginario anno 1984, il dominio del mondo è diviso tra tre superpotenze: Oceania, Eurasia ed Estasia. Esse sono in costante stato di guerra e si equiparano per potenza, mezzi e ideologia politica. La guerra è diventata eterna, perché nessuno ha una forza sufficiente a battere le altre due potenze. Lo stato di cose, comunque, è una panacea per mantenere la disciplina, le restrizioni, l’ignoranza: in una parola, il potere.
Winston Smith è un membro del Partito Esterno a Londra, e come tale vive e reagisce in ogni istante della sua vita, spiato dai grandi schermi su cui si susseguono comunicazioni ufficiali e il volto eterno del Grande Fratello, icona di speranza e vittoria. L’uomo svolge il suo lavoro con dovizia, segue i momenti di Odio collettivo, si comporta esattamente come un qualunque membro del Partito. Quello che lo rende diverso è ciò che si agita nella sua testa.
Winston non riesce a esercitare il bipensiero, il sistema di autoconvincimento che aiuta a dimenticare in fretta ogni contraddizione nelle comunicazioni del Partito. Lui ricorda tutto, nota le incongruenze. Questo lo porterà gradualmente a comportarsi in maniera stravagante, ad allacciare una relazione proibita con una compagna e perfino a cercare di entrare nell’elusivo gruppo di ribellione al Partito.
Si troverà a giocare una partita impari, formica contro un colosso, nel disperato tentativo di dimostrare che il cuore di un uomo è più forte della forza bruta del potere.
Il soffocante disprezzo per l’individualità, il pensiero e i sentimenti umani creano in questo romanzo la più credibile e allarmante incarnazione di quello che è il concetto di massa. L’uomo diventa un minuscolo ingranaggio, il cui unico scopo è collaborare con gli altri per far funzionare l’immane meccanismo. Quando la verità viene ribaltata, pervertita, negata, tutto può essere ogni cosa e il suo contrario, di momento in momento.
Non c’è nulla di definito se non il Partito e la propria subordinazione al suo mantenimento. La Storia viene distrutta, riscritta continuamente. L’ignoranza è il fondamento su cui si erige la piramide di potere in cui pochi eletti gestiscono l’Impero, non per sé in quanto individui ma, ancora una volta, in quanto emanazioni del Partito e pertanto destinati all’immortalità.
Leggendo il romanzo si viene assaliti da un terrore atavico, dato dalla constatazione di quanto il concetto di verità sia fragile come cristallo, soggetto alle decisioni di chi tiene in mano il potere. Ne siamo fin troppo consapevoli oggi, in cui per contro abbondano le teorie cospirazioniste di chi non crede al giornalismo internazionale e ai comunicati ufficiali. Alla paura si affianca un senso di soffocamento nel rendersi conto di quanto siamo andati vicino a vivere situazioni così estreme; i fondamentalismi di sinistra (o destra) non sono così lontani nella nostra memoria e rimangono pronti per ogni evenienza dietro l’angolo della facciata democratica.
“1984” è una storia dolceamara, romantica e crudele al tempo stesso. Stimola il desiderio di pensiero autonomo e determinazione del sé, la voglia di combattere contro i soprusi e l’ottusità. Parallelamente, instilla un senso di fatalità, una sorta di stanchezza verso la cecità e la lentezza di reazione della massa. Dovrebbe essere una lettura consigliata già nelle scuole secondarie, in parallelo con lo studio dei nazionalismi degli ultimi due secoli.
E’ un capolavoro, senza mezzi termini.


1 commento:

Giav93 ha detto...

Mi piace un sacco come scrivi e come ti spieghi e sono completamente d'accordo con te. Complimenti! :D