lunedì 16 luglio 2012

Arte e percezione visiva

L’arte visiva, perché sia efficace, deve rispondere a requisiti che soddisfino – o mettano in discussione con proprietà di mezzi – le facoltà percettive del fruitore dell’opera. Oggigiorno ci si improvvisa artisti senza avere conoscenza né teorica né intuitiva di questa fondamentale materia, motivo per cui circola tanta pseudo-arte di discutibile valore. In generale, tanto più il risultato percettivo è univoco e comprensibile, tanto più l’artista è riuscito nel suo intento.
Quali sono queste leggi percettive? Come si diventa coscienti di esse e del loro utilizzo nell’arte? E’ possibile trovare dei punti fermi da cui partire per ottenere delle basi univoche, universali?
Il trattato “Arte e percezione visiva” di Rudolf Arnheim si prende l’onere di rispondere a queste domande, complicate sotto ogni punto di vista e oggetto di uno studio ancora da approfondire. In un ampio volume edito in Italia da Feltrinelli, l’autore risale alla base delle facoltà percettive dell’essere umano, cercando attraverso l’analisi artistica e la sperimentazione diretta su un campionario di fruitori di porre delle basi costituite da regole fisse.
Avvalendosi di numerose immagini e esempi a contorno del testo, Arnheim si interroga sul discernimento dell’immagine cercando di separare la percezione visiva che va a sedimentarsi attraverso l’esperienza (condizionata dall’ambiente culturale e dall’educazione visiva del fruitore) da quella innata dell’essere umano, che obbedisce a talune regole sempre identiche indipendentemente dal background della persona presa in esame.
Per fare ciò, l’autore offre ampio spazio all’analisi dell’evoluzione del tratto e della rappresentazione artistica del bambino, dal primo sgorbio ai disegni più complessi. Ciò che inizialmente si manifesta come movimento puro (pensate agli scarabocchi a circolo continuo) con il tempo si trasforma in una rappresentazione della forma, di solito circolare. Il cerchio, infatti, è la forma più semplice che la nostra mente concepisca.
Inizialmente il bambino sarà in grado di comprendere solo le direzioni orizzontali e verticali, le più semplici, arrivando per gradi ad assimilare il concetto di diagonale. Inoltre, per il bambino il mondo viene rappresentato non nella ricerca di una verosimiglianza formale ma in quanto significato, summa dell’oggetto d’interesse, cosa che si ritrova in molta arte che noi definiamo primitiva o immatura.
L’analisi di Arnheim rivaluta questo modo di percepire e rappresentare la realtà facendo notare come anche la rappresentazione realistica dell’arte occidentale non sia altro, a conti fatti, che un coacervo di convenzioni percettive, le quali ci rimandano una visione della realtà ma non la rappresentano affatto per quello che è (pensiamo alla prospettiva, allo scorcio, alle deformazioni del corpo umano del tutto plausibili a livello pittorico ma non riscontrabili nella realtà).
Il saggio si articola attraverso diversi capitoli che prendono in esame differenti aspetti della composizione artistica e dei fattori percettivi.
Si parla della forma, dello spazio, della dinamica e dell’impressione del movimento, trattando gli aspetti prettamente tecnici. Ci sono capitoli sullo sviluppo e sull’espressione che analizzano il processo formativo della percezione artistica. Si parla inoltre del colore e della luce, aspetti fondamentali per la comprensione visiva.
Il linguaggio del saggio è, per forza di cose, piuttosto complicato. Arnheim si sforza di utilizzare un vocabolario che non sia troppo specifico, di nicchia, ma gli argomenti trattati sono difficili e la lettura del saggio richiede una grande attenzione, una concentrazione “da studio” ben diversa da quella di una semplice lettura e, magari, la stesura di appunti in parallelo per essere sicuri di aver capito i punti fondamentali di ogni capitolo. Fortunatamente, le tante illustrazioni aiutano a tradurre visivamente le teorie percettive analizzate e avvicinano a una maggiore comprensione delle opere d’arte.
Si tratta di una lettura fondamentale per gli studenti d’arte, ma anche per psicologi (infantili e non), educatori e per chi lavora nel campo della pubblicità. Un saggio che richiede pazienza e qualche sforzo ma che saprà ripagare chi vi si applicherà seriamente.

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