lunedì 30 giugno 2014

La liberazione dell'ambiente

 Da www.qlibri.it

Si sentano liberi di leggere questo saggio anche coloro che con le scienze ambientali non hanno mai avuto molto a che fare. Il fatto che faccia parte di una collana scientifica e che tocchi un argomento tanto spinoso potrebbe far temere di trovarsi tra le mani un trattato tecnico incomprensibile per i profani, oppure un testo con deliranti profezie apocalittiche sul futuro della nostra Terra e poco realistiche proposte di cambiamento nelle nostre abitudini quotidiane.
Niente di tutto questo. “La liberazione dell’ambiente”, edito da Di Renzo Editore, è stato scritto da Jesse H. Ausubel con un linguaggio quotidiano, narrativo, direi confidenziale. Una lunga chiacchierata con il lettore, senza mai tentare di impressionarlo con le proprie conoscenze scientifiche ma cercando – piuttosto – di stimolare curiosità verso i campi di ricerca su cui ha speso un’intera vita.
Il percorso scientifico di Ausubel, infatti, abbraccia fondamentali ricerche riguardanti la situazione ambientale, lo sfruttamento delle riserve energetiche e la biodiversità.
L’autore inizia la sua informale chiacchierata rievocando l’infanzia e le proprie origini familiari, di cui ha potuto confermare con certezza la provenienza anche grazie alle più moderne tecniche di analisi del DNA. Nato e cresciuto in America, ha scoperto di avere origini italiane e turche, sempre di famiglia ebraica; ha potuto così affiancare i dati scientifici ai racconti dei nonni, fuggiti dall’Europa prima delle persecuzioni della Seconda Guerra Mondiale e ambientatisi negli Stati Uniti, terra delle opportunità.
Opportunità che l’autore ha cercato di utilizzare al meglio fin dal periodo scolastico, vissuto in maniera creativa per realizzare progetti e condurre esperimenti, pur in un ambiente che prediligeva le materie letterarie a quelle scientifiche. All’università, piuttosto che concentrarsi su un percorso di studi univoco (come è d’obbligo qui da noi), ha preferito tentare un po’ di tutto e seguire ogni corso che stimolasse la sua curiosità, ampliando la propria “visuale” e aggiungendo agli studi perfino la pratica del teatro, scritto e messo in scena. A concludere questo periodo pre-lavoro, un viaggio in Europa che gli dà la possibilità di destreggiarsi con parecchie lingue straniere.
Il primo incarico importante per Ausubel si consuma alla Conferenza Mondiale sul Clima delle Nazioni Unite, dove il giovane scienziato può applicare anche le sue conoscenze di organizzatore di eventi, oltre che avvicinarsi per la prima volta alle neonate scienze ambientali.
L’esperienza lo porta di nuovo oltreoceano. Viene inserito nel gruppo di ricerca dell’Istituto Internazionale per i Sistemi Applicati, con sede in Austria. Qui ha l’opportunità di lavorare accanto a scienziati provenienti da tutto il mondo, perfino da oltre il blocco sovietico, in un ambiente di scambio e collaborazione che lo convincerà del ruolo della scienza come distruttrice di barriere politiche ed economiche. Là incontra il suo mentore, il fisico italiano Marchetti, e indirizza definitivamente i propri interessi verso il settore ambientale ed energetico.
Nei primi anni ’80, infatti, è un fiorire di ricerche che mutano radicalmente l’atteggiamento globale verso l’ambiente. Studi sull’emissione di gas serra e sul riscaldamento globale, un’analisi sistematica dei problemi ambientali e proposte razionali per un’efficienza dell’utilizzo delle risorse, in maniera da restituire al pianeta ampie zone vergini.
Ausubel racconta un’avventura emozionante quando tratta del progetto di censimento della vita marina, iniziato alla fine degli anni ’90, che lo ha portato a solcare gli oceani per anni alla ricerca di tutte le specie marine conosciute e a stimare una cifra esorbitante di creature ancora da scoprire. La missione è stata condivisa dal regista francese Jaques Perrin, che ne ha tratto il film ambientale “Océans”.
Ancora, lo scienziato si è imbarcato in una catalogazione del DNA delle specie viventi (il DNA barcoding) e nella stesura di una vera e propria Enciclopedia della Vita, un lavoro in progress disponibile on-line, oltre a una ricerca sul Carbonio Profondo che potrebbe rivoluzionare le teorie sull’origine della vita sulla Terra.
Un testo spigliato, intrigante e permeato di simpatia, adatto a qualunque tipo di lettore.

martedì 24 giugno 2014

Manuale pratico dell'energia psichica

Non chiedetemi cosa mi è passato per la testa quando ho deciso di comprare “Manuale pratico dell’energia psichica” di R. Michael Miller e Josephine M. Harper, edito dalla Hermes Edizioni…Sicuramente cercavo un testo che mi aprisse al concetto del prana, o del ki.
Questo manuale, invece, ha scopi prettamente pratici. Non è stato scritto con l’intenzione di dissertare sul tema, di spiegare al lettore da dove arrivino i concetti e le teorie fisiche e spirituali alla base dell’utilizzo dell’energia psichica. Non vi sono accenni storici o religiosi di sorta. Il testo è un eserciziario, rivolto a coloro che credono già fermamente nell’esistenza dell’energia psichica e nella possibilità di farne un buon utilizzo nella vita quotidiana.
Si tratta, in breve, di un training non dissimile ad una serie di esercizi per rafforzare la muscolatura oppure al percorso a tappe per chi si avvicina alle posizioni dello yoga. E’ un sistema molto logico, razionale, basato sulla costanza e sull’analisi attenta delle proprie sensazioni e dell’evoluzione della forza mentale a seguito degli esercizi.
Questi ultimi sono individuali, di coppia oppure di gruppo (scelta, questa, che viene saggiamente posta alla fine del libro, in quanto richiede una capacità percettiva già allenata). La descrizione di ogni esercizio è ampia ed esaustiva, spesso corredata da fotografie che illustrino graficamente come concentrare la propria energia psichica e che forma cercare di darle.
Si parte con la base, vale a dire la concentrazione e la visualizzazione della propria energia psichica. Si consiglia come e dove concentrarla all’interno del corpo, per poi convogliarla verso il palmo delle mani o la punta delle dita. I primi esercizi servono quindi a prendere coscienza della propria energia per poi tentare di farla avvertire al compagno. Si consiglia di confrontarsi sulle sensazioni che si provano e di tenere un diario dei risultati, in maniera da essere coscienti di eventuali miglioramenti.
Il capitolo successivo tratta di un argomento essenziale per la buona riuscita degli esperimenti ma anche per evitare disturbi collaterali all’utilizzo dell’energia psichica e alla ricezione incontrollata di quella altrui. Si tratta della purificazione di se stessi, del partner di lavoro e anche di oggetti che possono trattenere su di sé residui psichici (il manuale indica come più “infetti” i gioielli in oro o argento). La purificazione del proprio corpo dalle energie residue o negative, come quella della stanza ove si mettono in atto gli esercizi, andrebbe eseguita quotidianamente.
Preso atto degli esercizi fondamentali, occorre imparare a trasmettere le proprie emozioni attraverso uno scambio di energia psichica. Si tratta quindi di esercizi da fare in coppia o in gruppo. Con l’imposizione della mano oppure con lo scambio di un gioiello “impregnato” dell’energia psichica prescelta, si tenta di trasmettere al partner le proprie emozioni. Sono esercizi di trasmissione e ricezione, che stimolano entrambe le facoltà.
La trasmissione di energia prevede che questa possa essere assorbita senza danni dal ricevente. Perciò, in un capitolo seguente si insegna come armonizzare la propria energia con le vibrazioni di colui che riceve, in maniera da non fargli danno e, anzi, essere persino in grado di “ricaricarlo” e portargli beneficio. La cosa, ovviamente, può anche avvenire con lo scopo contrario, vale a dire nuocere coscientemente. Gli autori non danno alcuna indicazione in merito, ovviamente, limitandosi a far presente che questo rischio esiste, a volte anche in modo del tutto involontario. Per questo motivo è necessario essere anche in grado di schermarsi da attacchi psichici o “vampirismo” psichico, che sottrae forze ed energia.
Un intero capitolo è dedicato alla visualizzazione e creazione di scudi energetici, dai più elementari ai più completi, capaci di difendere l’intero corpo e di sopportare sollecitazioni e spostamenti per lungo tempo.
Il manuale termina con esercizi di gruppo e un glossario che spiega più dettagliatamente termini e regole per eseguirli nella condizione più idonea.
Consigliato a coloro che stanno già seguendo da tempo un percorso spirituale di stampo orientale.

giovedì 19 giugno 2014

Clarimonde, o La morte amorosa

Romualdo ha sempre avvertito, nel proprio cuore, di essere destinato a servire Dio. Cresciuto nel seminario, ha colpito i suoi superiori per la devozione e l’umiltà, arrivando ancora molto giovane al passo più importante: il momento di prendere i Voti.
Tutte le certezze di una vita, però, crollano quando il giovane, durante la cerimonia, incontra lo sguardo di una bellissima fanciulla, che sembra pregarlo con gli occhi di ripensarci, di vivere come un uomo invece di costringersi alla prigionia. Romualdo prende i Voti, ma il suo animo è turbato da una passione per quella giovane. Ella è Clarimonde, cortigiana dalla pessima fama, che muore di dolore tra le sue braccia, dopo averlo chiamato per avere da lui l’estrema unzione.
La notte dopo, però, la donna misteriosa sorge dalla tomba e rapisce il consenziente Romualdo, legandolo a una magica doppia vita che lo vede suo consorte ogni notte, in quel di Venezia, compagno di feste e divertimenti, e tormentato sacerdote durante il giorno.
Nemmeno scoprire che Clarimonde allunga la propria vita artificiale tramite piccoli sorsi del suo sangue riesce a liberare Romualdo da questo amore malato. Sarà l’abate Serapione a condurlo alla tomba della vampira, svelandogli la sua natura immonda e ponendo fine alla vita del mostro. Romualdo è libero…ma lo attende una vita infelice.
Théophile Gautier dà vita, a metà del XIX secolo, a un lungo incubo con risvolti psicologici molto moderni. E’ arduo dire – per noi come per Romualdo – se l’orrore si celi nella vita di privazioni all’ombra della Croce oppure nelle gozzoviglie amorose della barocca Venezia, accanto a Clarimonde.
La vampira di questo racconto è un personaggio che non è possibile definire semplice incarnazione del Male. In qualche modo presuppone ai vampiri di stampo più contemporaneo, afflitti da una dicotomia in cui la componente umana e sentimentale va a ledere l’oscurità del mostro, la sua non-appartenenza alle leggi di natura.
D’altra parte, Clarimonde è un nome con spiccata valenza benefica, luminosa. Una promessa di purezza e vita che stride con la sua fama di oscena cortigiana, conosciuta per le sue orge immonde e per il mistero delle sue tante vite. Anche il suo aspetto è angelico, da gran signora. I sentimenti che esprime nei confronti del protagonista sono intensi e riescono a restare quasi completamente incorrotti dalla fame insaziabile del vampiro. Clarimonde si contenta di strappare il suo amato alla devozione religiosa e di immergerlo nel vortice di passioni della vita, suggendo poche gocce del suo sangue approfittando del sonno, senza mai fargli danno fisico, senza mai preferirgli altre vittime e centellinando le proprie forze per non nuocergli. Un grosso sacrificio per lei, parrebbe, in quanto rischia perfino di spegnersi per consunzione pur di non approfittare troppo del sangue di Romualdo.
L’abate, al contrario, pur essendo paladino del Bene e della Luce lascia di sé una memoria ambigua, sgradevole, quasi violenta e distruttiva nella pervicacia con cui segue le tracce della possessione di Clarimonde e poi mette Romualdo alle strette, forzandolo ad una spedizione che porrà fine all’amore malato con la vampira, uccisa nella sua tomba dallo stesso abate con una foga e un trionfo morbosi, tali da far dubitare della purezza delle sue intenzioni.
Romualdo è un fantoccio, un uomo pavido che ha bisogno di qualcuno che gli indichi la via, quale essa sia. Il suo amore per Dio viene cancellato dalla passione per Clarimonde con un solo sguardo (magico o meno che sia), e quest’ultimo amore – capace perfino di non temere la sete mostruosa che affligge la sua compagna – non riesce comunque a dargli la forza di diventare in qualche modo protagonista dell’azione quando si trova costretto ad assistere alla distruzione di Clarimonde. Succube della volontà dell’abate, si limita ad assistere con orrore, senza muovere un dito né pro né contro di lei.
Una storia d’amore e orrore pervasa da una strana malinconia, da rileggere più volte per coglierne le tante sfumature.

sabato 7 giugno 2014

La metamorfosi e altri racconti

Franz Kafka (1883-1924) ci ha regalato uno dei personaggi più angosciosi e illuminanti sulla condizione dell’uomo all’ingresso del ventesimo secolo. Il suo Gregor, trasformato da un giorno all’altro in un grosso, scomodo e ottuso scarafaggio, è uno dei personaggi più emblematici della letteratura di inizio secolo scorso. Questa raccolta offre una panoramica più ampia sul mondo immaginario di Kafka, sulle sue inquietudini.
Si inizia con “La condanna”, in cui si assiste al duello verbale e mentale di un figlio col padre, in un alternarsi di stoccate che pian piano spostano i piani di forza dal figlio, che ha preso le redini dell’attività di famiglia e sta per convolare a nozze, al padre, che sembra un vecchio ormai alla fine ma rivela invece di possedere ancora tutta l’autorità necessaria ad avvilire e condannare le pretese del figlio.
Ne “La metamorfosi”, come si accennava poco fa, il commesso viaggiatore Gregor si risveglia scarafaggio, senza sapere come né perché. Non si rende mai pienamente conto dell’assurdità della sua nuova situazione, ma non può fare a meno di notare il disagio e il disgusto della famiglia, che se inizialmente soffre di questa maledizione, presto inizia a vedere Gregor non più come il figlio cui il fato ha riservato un brutto tiro, ma come l’incarnazione di tutti i loro problemi.
“Un medico di campagna” è una raccolta di brevissimi racconti allegorici, dal significato spesso intricato, pregni di una simbologia autoreferenziale e costruiti spesso con la struttura della fiaba. Il racconto successivo, “Nella colonia penale”, racconta di un esploratore messo a conoscenza di una orribile forma di tortura sui condannati, una pratica barbara che un fanatico militare difende strenuamente da ogni ventata di cambiamento e modernità.
“La tana” è il claustrofobico racconto di un non precisato animale la cui paranoia si è sviluppata fino a dominare la sua esistenza. Si chiude con “Un digiunatore”, fachiro dimenticato la cui capacità di fare a meno del cibo sarà portata ai suoi estremi.
Calarsi all’interno delle simbologie di Kafka non è cosa facile e chi desidera cercare di comprendere il significato di molti dei suoi racconti dovrà rassegnarsi a cercare dei testi di critica che li vivisezionino, oppure accontentarsi delle suggestioni personali che hanno preso vita durante la lettura.
Alcuni temi balzano agli occhi anche senza bisogno di conoscere la vita di questo tormentato autore oppure il lavoro di analisi dei critici. La percezione dell’autorità come una prigione che soffoca l’uomo, ne inaridisce lo spirito e lo trasforma in un essere abietto o infimo, ad esempio, spicca non solo ne “La metamorfosi” ma anche in altri racconti. I superiori sul posto di lavoro, così come figure importanti dell’esercito o del governo sembrano nate solo per vessare i piccoli, l’uomo “medio”, colui che si trova a dover abbandonare ogni sogno o velleità personale per adeguarsi a ciò che è socialmente utile o accettato. Anche le figure parentali appaiono di norma sotto il loro profilo negativo di prevaricazione e incomprensione verso i figli, simbolo di un’autorità più quotidiana ma non per questo meno restrittiva e castrante.
Quasi sempre, i racconti sembrano parlare un linguaggio comprensibile solo allo scrittore, come se fossero stati scritti ad uso e consumo del creatore. Si presentano al lettore come scrigni ermetici difficili da schiudere. Utilizzando spesso il linguaggio atavico della fiaba unito a una modernità disarmante, Kafka crea atmosfere di fortissima inquietudine.
L’identificazione con un animale compare più volte. Gli esempi più palesi di tale tendenza sono, come già detto, “La metamorfosi” e “La tana”. In entrambi i casi, l’animale prescelto ha abitudini schive, fa parte degli “ultimi” oppure desidera solo nascondersi al mondo. Incapaci entrambi di comunicare, il primo perché ha perso la parola e il secondo per la paranoia con cui guarda al mondo e a ciò che circonda la sicurezza della sua tana, vivono entrambi in una bolla di pensieri senza espressione, incapaci di farsi capire e al contempo sempre meno in grado di comprendere quanto sta loro attorno.
Un disagio crescente, profondo, che disumanizza e fa presagire il disastro come unica soluzione possibile. Una lettura impegnativa, dalle forti suggestioni.