sabato 7 giugno 2014

La metamorfosi e altri racconti

Franz Kafka (1883-1924) ci ha regalato uno dei personaggi più angosciosi e illuminanti sulla condizione dell’uomo all’ingresso del ventesimo secolo. Il suo Gregor, trasformato da un giorno all’altro in un grosso, scomodo e ottuso scarafaggio, è uno dei personaggi più emblematici della letteratura di inizio secolo scorso. Questa raccolta offre una panoramica più ampia sul mondo immaginario di Kafka, sulle sue inquietudini.
Si inizia con “La condanna”, in cui si assiste al duello verbale e mentale di un figlio col padre, in un alternarsi di stoccate che pian piano spostano i piani di forza dal figlio, che ha preso le redini dell’attività di famiglia e sta per convolare a nozze, al padre, che sembra un vecchio ormai alla fine ma rivela invece di possedere ancora tutta l’autorità necessaria ad avvilire e condannare le pretese del figlio.
Ne “La metamorfosi”, come si accennava poco fa, il commesso viaggiatore Gregor si risveglia scarafaggio, senza sapere come né perché. Non si rende mai pienamente conto dell’assurdità della sua nuova situazione, ma non può fare a meno di notare il disagio e il disgusto della famiglia, che se inizialmente soffre di questa maledizione, presto inizia a vedere Gregor non più come il figlio cui il fato ha riservato un brutto tiro, ma come l’incarnazione di tutti i loro problemi.
“Un medico di campagna” è una raccolta di brevissimi racconti allegorici, dal significato spesso intricato, pregni di una simbologia autoreferenziale e costruiti spesso con la struttura della fiaba. Il racconto successivo, “Nella colonia penale”, racconta di un esploratore messo a conoscenza di una orribile forma di tortura sui condannati, una pratica barbara che un fanatico militare difende strenuamente da ogni ventata di cambiamento e modernità.
“La tana” è il claustrofobico racconto di un non precisato animale la cui paranoia si è sviluppata fino a dominare la sua esistenza. Si chiude con “Un digiunatore”, fachiro dimenticato la cui capacità di fare a meno del cibo sarà portata ai suoi estremi.
Calarsi all’interno delle simbologie di Kafka non è cosa facile e chi desidera cercare di comprendere il significato di molti dei suoi racconti dovrà rassegnarsi a cercare dei testi di critica che li vivisezionino, oppure accontentarsi delle suggestioni personali che hanno preso vita durante la lettura.
Alcuni temi balzano agli occhi anche senza bisogno di conoscere la vita di questo tormentato autore oppure il lavoro di analisi dei critici. La percezione dell’autorità come una prigione che soffoca l’uomo, ne inaridisce lo spirito e lo trasforma in un essere abietto o infimo, ad esempio, spicca non solo ne “La metamorfosi” ma anche in altri racconti. I superiori sul posto di lavoro, così come figure importanti dell’esercito o del governo sembrano nate solo per vessare i piccoli, l’uomo “medio”, colui che si trova a dover abbandonare ogni sogno o velleità personale per adeguarsi a ciò che è socialmente utile o accettato. Anche le figure parentali appaiono di norma sotto il loro profilo negativo di prevaricazione e incomprensione verso i figli, simbolo di un’autorità più quotidiana ma non per questo meno restrittiva e castrante.
Quasi sempre, i racconti sembrano parlare un linguaggio comprensibile solo allo scrittore, come se fossero stati scritti ad uso e consumo del creatore. Si presentano al lettore come scrigni ermetici difficili da schiudere. Utilizzando spesso il linguaggio atavico della fiaba unito a una modernità disarmante, Kafka crea atmosfere di fortissima inquietudine.
L’identificazione con un animale compare più volte. Gli esempi più palesi di tale tendenza sono, come già detto, “La metamorfosi” e “La tana”. In entrambi i casi, l’animale prescelto ha abitudini schive, fa parte degli “ultimi” oppure desidera solo nascondersi al mondo. Incapaci entrambi di comunicare, il primo perché ha perso la parola e il secondo per la paranoia con cui guarda al mondo e a ciò che circonda la sicurezza della sua tana, vivono entrambi in una bolla di pensieri senza espressione, incapaci di farsi capire e al contempo sempre meno in grado di comprendere quanto sta loro attorno.
Un disagio crescente, profondo, che disumanizza e fa presagire il disastro come unica soluzione possibile. Una lettura impegnativa, dalle forti suggestioni.

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