sabato 26 novembre 2011

La signora delle camelie

La signora delle camelieParliamo oggi di un altro classico, un romanzo che è stato fonte di ispirazione non solo letteraria, ma anche teatrale, musicale e cinematografica.
Mi riferisco a “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas figlio, un toccante romanzo di metà XIX secolo che, strano a dirsi vista la qualità dell’opera e la sua importanza, non viene spesso introdotto quale lettura obbligatoria durante il periodo scolastico. Forse ancora oggi non ci siamo del tutto liberati da un certo, opinabile pudore verso argomenti scomodi quali la prostituzione, la vendita del corpo della donna per denaro.
Per chi fosse ignaro di quanto sto dicendo, ecco un breve riassunto della trama.
Il romanzo racconta la travagliata storia d’amore di Armand Duval, giovane di buona famiglia ma senza una rendita benestante, con Marguerite Gautier, bella e famigerata mantenuta parigina. Il giovane si innamora di Marguerite ben prima di conoscerla di persona, idealizzandola su un sentimento di amore puro e sincero che viene schiaffeggiato con violenza dalla realtà dei fatti: l’amore di Marguerite è in vendita, il suo aspetto da gran dama è dato dai soldi ben spesi ricevuti dai vari amanti.
Nonostante questa disillusione, Armand non riesce a smettere di amare la donna, la cui vita sregolata ha fatto scivolare in una malattia di consunzione che sembra aggravarsi sempre più. L’attenzione costante di Armand per il suo benessere, la sua gentilezza e l’ardore del suo amore infine toccano il cuore di Marguerite, che lo prende come amante preferito, senza chiedergli denaro in cambio.
Armand inizia così una vita frenetica che mette a dura prova il suo amor proprio. Il pensiero di dividere la donna amata con altri uomini lo esacerba, pur sapendo di essere l’unico legato a Marguerite per sentimento, e si dà al gioco per guadagnare il necessario a mantenere i capricci di lei senza toccare un soldo delle “donazioni” degli altri amanti.
La situazione sembra evolversi al meglio quando i due si concedono una lunga parentesi in campagna. Finalmente soli, lontani dal caos parigino, gli innamorati giungono all’idillio e si illudono che esso possa durare per sempre. Ci penserà il padre di Armand a spezzare il sogno impossibile: una sua visita a Marguerite per convincerla a lasciare suo figlio prima di condurlo alla rovina finanziaria e sociale segnerà la fine della relazione.
A questo si aggiunge l’aggravarsi della malattia della giovane donna, che porterà a grandi passi verso un finale drammatico.
Scritto con una prosa fresca, moderna, a tratti riflessiva, il romanzo scivola via con piacevole facilità pur lasciando profonde tracce di commozione e partecipazione nella vicenda dei due amanti. Il tema scabroso è affrontato con delicatezza, cuore e una buona dose di senso pratico svincolato dai precetti bigotti dell’epoca. Questo è dovuto al fatto che l’autore, per scrivere il romanzo, si ispirò ad una donna realmente vissuta di cui si era profondamente invaghito e che morì in giovane età dopo una vita altalenante tra eccessi e malattia.
L’amore è solo uno dei fili conduttori della trama. Sopra ad ogni cosa impera il denaro, il materialismo di un’epoca che ha fatto da apripista alla nostra. Tutto può essere comprato e venduto, anche i sentimenti. Tutto ruota attorno alla disponibilità o alla carenza di denaro, al mercato dei beni, ai debitori e ai creditori. Uno spaccato impietoso della società contemporanea.
Poco dopo aver pubblicato “La signora delle camelie”, Dumas scrisse una versione teatrale che ebbe un ottimo successo. Questa, a sua volta, ispirò il grande Giuseppe Verdi, il quale decise di musicare la storia e, con qualche modifica alla trama e al carattere della protagonista, farne un melodramma.
Nacque così “La Traviata”, in cui la protagonista si chiama Violetta Valery e l’ago della bilancia si sposta sul puro amore più che sulla grettezza della società borghese.
Un romanzo senza tempo, impietoso e sentimentale, contraddittorio come la capricciosa e sofferente Marguerite.

mercoledì 23 novembre 2011

Le antiche civiltà antidiluviane

Quando si parla del remoto passato, di ciò che conosciamo riguardo al principio di ciò che chiamiamo Storia, scienziati ed eruditi si dividono fondamentalmente in due scuole di pensiero: i tradizionalisti e i revisionisti.
I primi raccontano che l’Uomo ha raggiunto livelli sociali e culturali tali da creare società complesse, mitologia, arte e scrittura quattro – cinquemila anni fa. Prima di allora, il genere umano era composto da esseri primitivi che per qualche milione di anni si sono evoluti fisicamente ma non a livello sociale – culturale.
I revisionisti contestano questa scuola di pensiero, reputandola antiquata e cieca di fronte ai nuovi reperti che contraddicono tali affermazioni, spostando la datazione di alcuni millenni indietro. Pecca dei revisionisti è, purtroppo, l’aggrapparsi disperatamente a una teoria cospiratoria che giustifichi l’ignoranza riguardo alle nuove scoperte oppure il partire per la tangente inglobando nell’equazione catastrofi cicliche, extraterrestri, antiche civiltà dotate di armi laser e veicoli volanti.
Questo eccesso di ardite ipotesi spesso fa passare completamente in secondo piano le legittime e interessanti domande che stanno alla base del movimento revisionista.
In “Le antiche civiltà antidiluviane” di Ian Lawton (Newton Compton Editore), l’ipotesi di civiltà precedenti quelle da noi considerate alla base della Storia viene presentata attraverso uno studio comparato delle mitologie mondiali, il lavoro dei revisionisti più o meno accaniti e sulla base del concetto karmico per cui la vita dell’Uomo sulla Terra ha uno scopo spirituale ben preciso, che la civiltà tecnologica tende a disgregare e pervertire.
Non temete comunque di trovarvi in mano un saggio che vi insegni a vivere in maniera retta e timorata di Dio. Qui si fa filosofia, tramite l’esoterismo e il mito, nonché l’analisi delle più recenti scoperte scientifiche.
Partendo dal concetto filosofico per cui il corpo umano è, sulla Terra, il ricettacolo ideale per ospitare l’anima e favorire la sua evoluzione, Lawton cerca di scoprire come e quando l’Uomo è diventato un essere dotato di parola e pensiero profondo e se è mai esistita una civiltà progredita – più spiritualmente che tecnologicamente- antecedente a quello che conosciamo come Diluvio Universale.
Tracce di una grande catastrofe per acqua si trovano praticamente in tutte le mitologie mondiali; questo è un particolare da tenere a mente. Nella prima parte del saggio, l’autore cerca di separare il mito dalla realtà evidenziando le somiglianze, quando non le identiche descrizioni di fatti, nelle antiche narrazioni. Si aiuta con il lavoro di altri antropologi e scienziati, mettendo in evidenza il comune ricordo ancestrale di una civiltà potente nello spirito poi degradatasi e spazzata via da un cataclisma.
Critico sia nei confronti dei tradizionalisti quanto dei revisionisti più accaniti, Lawton tenta di trovare prove a giustificazione della sua visione karmica del mondo senza sforare in ipotesi assurde e dando al lettore un panorama piuttosto esaustivo di quali sono le teorie alternative che oggi animano la comunità scientifica.
La seconda parte si spinge ancora più a fondo nella scienza e valuta i reperti archeologici, gli studi astronomici e geologici compiuti per definire modi e tempi di eventuali catastrofi sul nostro pianeta. Offre inoltre una cronistoria del mito di Atlantide e dei vari “continenti perduti”.
La terza parte è più esoterico-misterica e analizza nel dettaglio le varie scuole di pensiero e i loro obiettivi di conoscenza ed evoluzione spirituale, nonché le ultime scoperte della fisica quantistica.
Nonostante i buoni tentativi di obiettività, l’autore non sfugge qua e là ad un certo campanilismo verso il proprio modo di concepire la Vita, ma si perdona facilmente in quanto l’intero saggio si basa, in fin dei conti, su un punto di vista karmico. Il vero difetto dell’opera è un editing pasticciato; molto strano, per un testo edito dalla Newton Compton.
Consiglio questo testo a tutti coloro che sono interessati ad aprire nuovi orizzonti alla conoscenza, a chi si interessa di esoterismo e di antropologia. Se invece vi avvicinate per la prima volta a questi argomenti, meglio rivolgersi prima a saggi meno sfaccettati e onnicomprensivi, per evitare di confondersi in mezzo ai tanti nomi e alle più svariate teorie. Tenetelo buono per quando ne saprete un po’ di più.

lunedì 21 novembre 2011

Vlad Dracula

Vedendolo sullo scaffale della libreria ho avvertito una immediata attrazione. Amo la letteratura vampirica e ho una passione particolare per il personaggio storico di Vlad, principe di Valacchia. Allo stesso tempo, prima dell'acquisto sono stata tormentata da alcuni dubbi.
In primis la copertina, la cui scelta grafica – l’uso di uno splavido color rosa di fondo- è poco felice. Inoltre, quando compro la biografia di un personaggio storico mi muovo sempre con i piedi di piombo. Quante volte, invece che una biografia seria e contestualizzata storicamente, capita di ritrovarsi in mano una versione pesantemente romanzata che a conti fatti ha poco a che fare con la vita del nostro oggetto d’interesse?
Sempre più si assiste alla comparsa nelle librerie di pseudo-biografie che manipolano dettagli e avvenimenti a piacimento dell’autore, per conferire al personaggio in questione la capacità di attrarre l’interesse e aggiungere suspence o romanticismo alla più fredda sequenza di fatti della vita di un normale essere umano. Ho un certo odio verso questa trasformazione di persone ormai defunte in personaggi da romanzo e questo mi porta a tentennare nell’avvicinarmi alla sezione biografica delle librerie.
Fortunatamente, l’acquisto di questo romanzo, scritto da Michael Augustyn ed edito dalla Newton&Compton, è stato immune da ripensamenti e rimpianti. Per un prezzo decisamente economico ci si trova in mano una biografia di Vlad Dracula degna di questo nome, pur se qua e là l’autore si prende delle libertà nel supporre alcuni dettagli.
L’argomento viene trattato generalmente con obiettività, coerenza storica, approfondimento. La prosa scorrevole, semplice, priva di affettazioni, accompagna con fare gradevole il lettore lungo un ampio lasso della vita di Vlad Dracula, Principe di Valacchia, offrendo dettagliati scorci della situazione socio-politica di quell’Europa che diede i natali, sfruttò e poi condannò un personaggio sicuramente sopra le righe, che più avanti divenne parte essenziale di una delle più grandi leggende dell’horror contemporaneo.
Augustyn, inoltre, offre uno spaccato storico molto vivido senza cadere nella tentazione di ostentare la propria cultura. Quando un romanzo a sfondo storico diventa un interminabile elenco di descrizioni minuziose, un catalogo di armi, strategie, vestiario o personaggi corollari, vien voglia di chiedersi perché l’autore non abbia scritto un saggio, invece di infierire sul povero lettore a cui è stato fatto credere di trovarsi in mano un romanzo che non necessiti di note a piè di pagina.
“Vlad Dracula” non cade in questo tranello. Offre spunti culturali senza diventare un trattato socio-politico o un militaria.
La Valacchia era un principato “cuscinetto” che stava a metà tra l’Europa cattolica e il Vicino Oriente musulmano, due realtà in costante e feroce guerra. Era un regno di fede Ortodossa, quindi vessato da entrambe le fazioni, che desideravano solo inglobarlo.
Vlad fu mandato in ostaggio al Sultano dal padre, insieme al fratellino Radu. Le atrocità di cui fu spettatore esacerbarono un carattere già duro e gli insegnarono che solo la forza e la paura creano una società ordinata. L’abitudine del Sultano di impalare i suoi nemici fu da lui adottata e portata alla “perfezione”, tanto da guadagnargli il soprannome di Tepes (Impalatore) e una fama di mostro sanguinario che dura tutt’oggi, nonostante i suoi contemporanei non fossero poi molto più pietosi e sensibili.
La narrazione inizia al momento del primo ingresso di Vlad in Valacchia dopo la morte del padre, al seguito di quei musulmani di cui è ancora ostaggio. La storia prosegue narrando del suo affrancarsi dalla prigionia per conquistare da sé il proprio regno, della sua storia d’amore tragica terminata con il suicidio della sua sposa, della sua guerra interna contro ladri e boiardi e della sua lotta indefessa contro tutti i nemici esterni, a difesa del proprio popolo anche a costo di diventare un mostro.
Le sue azioni e le alleanze politiche che allaccerà lo porteranno ad essere addirittura scomunicato, cosa che dopo la sua morte in battaglia contribuirà a creare la leggenda della sua mutazione in vampiro. Su questi ultimi dettagli della vita del Principe di Valacchia, l’autore lascia libera la fantasia in un capitolo conclusivo che dà spazio al mito.
Per tutti gli appassionati di Dracula e per chi vuole avvicinarsi alle radici di una leggenda.

domenica 13 novembre 2011

Il Principe del Mare e del Fuoco (Il Signore degli Enigmi)

Morgon di Hed è il Principe regnante di una piccola isola rurale, dedita all’amore per la terra e per i suoi frutti più che alle arti o alla filosofia. Questo rende ancora più particolare, quasi preoccupante, l’intensa passione del giovane per lo studio degli Enigmi. Morgon è pari a un Maestro della Scuola di Caithnard e si destreggia con sorprendente agilità mentale e intuito attraverso il complesso sistema mnemonico e filosofico che è alla base di tutta la sapienza del mondo governato dal Supremo.
Tramite lo studio e la comprensione dei fatti antichi, tramandati attraverso domande, risposte e interpretazioni, i Maestri conoscono se stessi e l’animo umano e sono in grado di offrire risposte anche su ciò che di nuovo si manifesta nel mondo, privato della magia da molti secoli e retto dai Re in base alle elusive ma fortissime Leggi della Terra.
Esiste però un enigma senza risposta e proprio Morgon ne è il latore e protagonista: cosa significano le tre stelle rosse che gli segnano la fronte? Cosa significa il titolo Portatore di Stelle?
Per trovare la risposta a questo enigma, Morgon si imbarcherà in un viaggio lungo e pericoloso verso il Monte Erlenstar, dimora del Supremo. Al suo fianco avrà Deth, l’enigmatico e millenario arpista del Supremo, sua scorta e silenzioso spettatore di una ricerca che si rivelerà micidiale. Altri esseri, infatti, pretendono la risposta a quell’enigma: gli antichi Signori della Terra, esseri senza nome e senza legge, i cui poteri potrebbero distruggere ogni cosa.
Così inizia “Il Maestro degli Enigmi di Hed” di Patricia McKillip, primo volume della trilogia del Signore degli Enigmi edita dalla NORD.
L’autrice costruisce un mondo complesso e colorato come un mosaico, sempre sorprendente, descritto con dovizia di particolari non solo nelle sue caratteristiche evidenti, ma anche nei sentimenti che l’hanno plasmato, nella forza e nelle caratteristiche di popoli mai scontati, creati con cura e cuore. E’ evidente un lavoro certosino di costruzione della Storia di un intero mondo, di legami e intrecci basati su concetti filosofici e psicologici espressi per enigmi.
La prosa della McKillip è più portata alla descrizione che al dialogo, e si caratterizza per un’atmosfera quasi sempre grave, seria, che lascia poco spazio al sorriso e ancor meno alla risata, ma questo tratto – lungi dall’inficiare il piacere della lettura- rende anzi più cari i personaggi che si muovono fra Hed e il Monte Erlenstar, facendoci partecipi delle loro preoccupazioni, dei loro dolori. Il mondo è sull’orlo di una guerra che non sa di dover combattere e la tensione si respira in ogni riga, ogni parola.
I personaggi, poi, sono profondi e intensi, umani e sfaccettati. Le relazioni interpersonali vengono sviscerate nel profondo. L’amicizia, l’amore, i complessi rapporti di rancore e attrazione fanno da perno all’intera vicenda, dando ai romanzi una connotazione più emozionale di quanto il genere fantasy normalmente faccia.
Nel secondo romanzo della saga, “L’erede del mare e del fuoco”, la posizione di protagonista viene ceduta a Raederle di An, figlia del re Mathom di An, fidanzata di Morgon non solo per amore ma anche a causa di una sfida di enigmi vinta dal giovane uomo. Ella sta ancora attendendo, dopo un anno, che lui torni dal Monte Erlenstar. Le ultime notizie la mettono però in un tale allarme da spingerla ad un colpo di testa. Con l’aiuto di Lyra, principessa guerriera di Herun, e della sorella di Morgon, si imbarca a sua volta per avere le sue risposte. Il viaggio la metterà di fronte alla scioccante consapevolezza di possedere lo stesso sangue della potente stirpe che vuole uccidere Morgon. Anche il risveglio dei suoi poteri si rivela un enigma la cui risposta può essere la morte.
Le fila si ricongiungono nell’ultimo tomo, “L’arpista del Vento”, in cui Morgon e Raederle finiscono invischiati nello scoppio delle ostilità, aggravate dal risveglio dei Maghi da una lunga prigionia e dall’apparente scomparsa del Supremo. Chi è veramente questo elusivo personaggio che tiene in mano le redini del mondo intero? Come possono essere sconfitti i Signori della Terra? Soprattutto: qual è il legame tra il Portatore di Stelle e il Supremo stesso?
Romanzi unici, spettacolari. Una lettura indimenticabile.

martedì 8 novembre 2011

Richard Matheson - I migliori racconti

Richard Matheson, autore di “Io sono leggenda”, è stato uno dei Maestri cui si è inspirato il conosciutissimo (e ultra-produttivo) Stephen King, il Signore dell’Horror contemporaneo. Leggendo i suoi racconti, la somiglianza nello stile è evidente. Chi ama il genere non può esimersi dal leggere Matheson (la raccolta in questione è edita da Fanucci Editore), autore tra l’altro di diversi episodi della storica serie di telefilm “Ai confini della realtà”.
Permangono comunque delle differenze sostanziali nello stile di questi due scrittori.
Ad esempio, la prosa di King è senza pudore, d’impatto, ma conserva un’impronta di dolcezza, di importanza dei legami fra esseri umani che sa redimere o sottolineare l’ingiustizia dell’orrore comparso nella vita dei protagonisti. Matheson non ha tempo per queste sottigliezze: le trame dei suoi racconti sono pugni nello stomaco, sferrati senza troppi complimenti né scuse successive. Questo è quanto offerto dalla casa: sta al lettore decidere se prendere o lasciare.
E lasciare costituirebbe un vero e proprio delitto, un atto di vigliaccheria. Fantascienza, fantasy, thriller psicologico…non ci si fa mancare niente. Qualunque argomento tratti, Matheson si palesa come un chirurgo (non particolarmente delicato) della psicologia umana e delle sue paure.
Il lieto fine pare sia per l’autore una scelta troppo scontata. Anzi, la concezione stessa di “finale” viene stravolta e ridotta in frantumi. Parecchi di questi racconti terminano nel bel mezzo di quello che chiameremmo “momento topico”. Questa antologia di racconti è un viaggio sulle montagne russe: c’è da tenersi forte.
Si comincia con “Nato d’uomo e di donna”, un inquietante racconto in soggettiva di un bambino che sembra avere caratteristiche ben lontane da quelle di un normale essere umano, rinchiuso in cantina dai genitori perché nessuno lo veda. Il breve ed estraniante racconto ci mostra la sua prigionia e la nascita nella sua mente innocente e primitiva di un sentimento di rivalsa potenzialmente fatale.
“Duel”, da cui è stato anche tratto un film, gioca sulla mai dichiarata paura dell’automobilista di fronte ai giganti della strada, i camion tanto mastodontici quanto pericolosi, incombenti sulle altre quattroruote in circolazione. Titilla, inoltre, l’umano senso di spiazzamento di fronte alla violenza gratuita, all’attacco senza motivazione, metodico e implacabile.
Cambiando del tutto atmosfere, “La danza dei morti” racconta di un futuro post-bellico in cui i ragazzi in cerca dello sballo si sfidano ad assistere alla macabra danza di corpi rianimati tramite esperimenti che poco hanno di scientifico e molto di orrendo. Gli occhi innocenti di una ragazzina trascinata suo malgrado a uno di questi spettacoli saranno il filtro attraverso il quale il lettore potrà assistere all’aberrazione.
La fantascienza più insolita si manifesta in “L’uomo enciclopedico”. Avete mai pensato alla conoscenza come ad una cosa pericolosa per la sanità mentale? No? Si vede che non vi è mai capitato di incamerare informazioni dai libri che vi circondano come se il vostro cervello si fosse trasformato in una spugna mai sazia!
Protagonista del racconto successivo, “La casa impazzita”, è un’intera abitazione, che per anni ha subito e assorbito gli scoppi di rabbia del proprietario. Ora che perfino la moglie ha abbandonato l’uomo, lasciandolo solo, la casa decide di prendersi la sua vendetta.
“La legione dei cospiratori” è una storia di ossessione, di rabbia in costante crescita. Il protagonista di questo racconto, irritato dalle azioni altrui in maniera sempre crescente, comincia a sviluppare dapprima la sensazione, poi la certezza, di essere al centro di una grande cospirazione volta a fargli saltare del tutto i nervi. Una storia fin troppo plausibile che non stonerebbe tra i titoli di cronaca nera.
L’horror nella vita di tutti i giorni si manifesta invece in “I figli di Noè”. Sulla costa orientale dei modernissimi Stati Uniti, un automobilista incauto diventerà ostaggio e potenziale vittima di una piccola, misteriosa comunità circondata da un inquietante silenzio.
Chiudono la raccolta “Il nuovo vicino di casa”, storia del Male della porta accanto, e “La preda”, in cui un feticcio di guerra prende vita per dedicarsi allo scopo della sua esistenza: la caccia.
Buona lettura!