sabato 1 settembre 2012

Storie di bimbe, di donne, di streghe

Quattro racconti di Elizabeth Gaskell, autrice britannica attiva nel pieno del XIX secolo, vengono raccolti dalla casa editrice Giunti in una mini-antologia dal titolo “Storie di bimbe, di donne, di streghe”. Con una prosa mite, in qualche modo gentile come le protagoniste dei suoi racconti, la Gaskell tratteggia la società inglese del suo tempo e quella americana, offrendo uno scorcio degli assurdi ma quantomai sentiti dibattiti religiosi tra Anglicani, Cattolici (i famigerati Papisti) e incorruttibili Puritani, sempre pronti a scornarsi su ogni argomento e a ghettizzare il malcapitato portatore di un pensiero differente capitato per un qualunque motivo in una comunità ostile.
Altro tema a lei caro, la concezione della strega e la facilità con cui questo “peccato” veniva tirato in causa per accusare e condannare donne innocenti, spesso vittime di rancori molto terreni piuttosto che di effettive esperienze nel mondo del soprannaturale.
La Gaskell scrive di donne con animo di donna, partecipando alle loro disgrazie con una dolcezza tutta femminile ma anche con un intimo sentimento di fatalità che pervade ogni suo scritto, come se in fondo credesse che ogni sforzo per salvarsi dalla sconfitta sia vano.
Nonostante sappia tessere trame di non poca attrattiva, quasi sempre il finale non regge il confronto con il resto del testo, scivolando verso un sentimento di malinconica rassegnazione, di stasi e mantenimento dello status quo che hanno poco di romanzesco. D’altra parte, bisogna ricordarsi quale fosse la condizione della donna all’epoca in cui visse l’autrice, già di per sé coraggiosa nell’accostarsi a un mestiere che veniva riconosciuto come maschile.
Il primo racconto si intitola “La strega Lois” e narra le vicende di una giovane inglese, cresciuta nel timore di Dio, costretta alla morte dei genitori ad attraversare l’Atlantico per raggiungere lo zio emigrato in America e stabilitosi a Salem, roccaforte dei Puritani. L’arrivo di Lois non è ben accolto: lo zio è vecchio e malato, la famiglia è guidata dalla sua devota e marziale moglie, che prende subito Lois in antipatia. Come se non bastasse, il figlio maggiore Manasseh è uno psicolabile affetto da visioni mistiche che si mette in testa di sposarla, la mezzana Faith è una ragazza passionale che prova gelosia nei suoi confronti e la cuginetta Prudence è crudele ed esibizionista. Mentre nel paese si diffondono ingiuste accuse di stregoneria, Lois rimarrà vittima dell’appassionato rancore delle cugine, diventando un capro espiatorio per tutta la comunità.
“Il racconto della vecchia balia” cambia registro e ci porta nelle atmosfere di una storia di fantasmi della vecchia Inghilterra, con castelli infestati, famiglie maledette e spettri che si aggirano per brughiere innevate. Un’anziana balia racconta in prima persona fatti risalenti alla sua gioventù, quando si occupava della madre delle sue interlocutrici. Rimasta accanto alla bambina diventata orfana, ella si trasferisce con la piccola nell’antica casa di famiglia, abitata ormai sono da un’anziana zia, la sua badante e la scarna servitù. Presto cominciano ad accadere fatti inspiegabili. Nel castello si propaga una musica d’organo misteriosa e la piccola Rosamond si sente chiamare con profusione di pianto da una misteriosa bambina. Presto anche gli adulti saranno costretti alla resa dei conti con lo spettro della bambina e della madre di lei, tracce soprannaturali di antichi drammi familiari.
Ad esso segue “La clarissa”, forse il racconto meno riuscito della raccolta. Un giovane notaio si invaghisce di una bella fanciulla, che è afflitta da una maledizione. Di quando in quando, infatti, al suo fianco compare un doppione crudele, un demone tanto bello quanto perverso, che le rovina l’esistenza. Deciso ad aiutare la sua amata, il giovane scopre che l’autrice della maledizione, scagliata contro il padre della ragazza, è tale Bridget Fitzgerald, un’anziana donna con poteri stregoneschi. Quello che la vecchia non sa è di aver maledetto la sua stessa nipote, figlia di sua figlia. La strega espierà entrando nel convento delle Clarisse e pregando per scacciare il demone da lei stessa evocato.
L’ultimo racconto è quello più azzeccato dell’intera raccolta, forse perché molto meno ultraterreno e più pratico, forse più sentito sia nei temi che nella caratterizzazione dei personaggi. “Susan Dixon” parla di una ragazza forte e matura che, morta la madre, si trova a ritenersi responsabile per l’incolumità del fratellino, più gracile e sensibile della media. La vita sembra comunque arriderle grazie al fidanzamento con il vicino di casa Michael, ma una malattia le uccide il padre, la inchioda al letto per mesi e rende suo fratello un povero pazzo. Il suo senso della responsabilità viene a scontrarsi con l’opportunismo di Michael e Susan sacrifica amore e giovinezza per badare al fratello disabile e portare avanti da sola la fattoria, finché la vita non la metterà di nuovo di fronte al suo passato, in una drammatica resa dei conti.
Consigliato soprattutto al pubblico femminile, un libro delicato e malinconico.

1 commento:

Anonimo ha detto...

libro comprato anni fa e mai letto (non so il motivo) e riscoperto nella libreria. sicuramente lo stile è molto ottocentesco,ma già il fatto che sia scritto da una donna me lo ha fatto apprezzare. stile delicato, gentile, che pur trattando temi come la condizione della donna su più livelli non pretende di essere un insegnamento morale. è come un fiore della brughiera che lei mava tanto. a mio parere "la clasrissa" ha solo la pecca di essere un po' troppo prolisso,mentre invece apprezzo la scelta soprannaturale che in fondo, a volte ci sfiora.
una scrittrice da scoprire comunque