mercoledì 6 febbraio 2013

Tutti i lazzi della Commedia dell'Arte

Un genere che ha fatto Storia nel Teatro italiano è sicuramente la Commedia dell’Arte, il teatro di Maschera basato sull’improvvisazione a partire da un canovaccio – una trama priva di battute da imparare a memoria- e da alcune tipologie ben definite di personaggi, le Maschere.
Arlecchino, Pantalone, il Dottore, Colombina, Brighella…Questi nomi, che oggi associamo al Carnevale, hanno un’origine ben più complessa e sono personaggi teatrali con tutti i crismi, che per secoli hanno fatto ridere e appassionare gli spettatori di tutta Europa. Ogni Maschera incarnava un carattere, un difetto, e apparteneva a una ben definita classe sociale.
Pantalone, ad esempio, era un uomo maturo o anziano, spesso lascivo, sicuramente avaro. Arlecchino era il servo per antonomasia, tutto istinto e astuzia da bambino un po’ crudele, incarnazione degli istinti bassi e delle passioni. Colombina a volte era la figlia di uno degli anziani, ma quasi sempre incarnava la servetta seducente e dispettosa. C’erano poi gli Innamorati, il Capitano, Pulcinella, e via discorrendo. Le Maschere potevano portare altri nomi (Arlecchino era anche Zanni, Truffaldino, Burattino, ecc.), ma il pubblico le riconosceva all’istante proprio grazie alla ben codificata rappresentazione dei “tipi”.
Quello che pochi sanno è che il lavoro di improvvisazione degli attori impegnati nella Commedia dell’Arte non era poi così affidato al caso e al talento del singolo (che rivestiva comunque una parte importantissima nella buona riuscita della commedia). Le trame dei canovacci venivano messe in scena sfruttando un repertorio ben conosciuto e continuamente arricchito di “lazzi”, vale a dire azioni sceniche codificate che creavano siparietti comici oppure aiutavano lo svolgersi della vicenda. Questo modo di fare teatro verrà poi codificato in copioni definiti battuta per battuta da Carlo Goldoni nel XVIII secolo, nel tentativo di far risorgere la Commedia dell’Arte dall’abisso in cui era sprofondata.
La parola “lazzo” pare derivi da “l’azio”, cioè “l’azione”. Difatti si tratta di azioni fisiche, di confronto tra attori. La conoscenza di questo patrimonio teatrale è caduta nell’oblio per molto tempo e il Teatro di Maschera è tornato allo splendore solo nel secolo scorso, grazie a grandi personalità come Giorgio Strehler e Dario Fo.
La Dino Audino Editore fa cosa gradita a tutti gli appassionati e a coloro che fanno teatro pubblicando l’esaustivo catalogo di lazzi redatto da Nicoletta Capozza, “Tutti i lazzi della Commedia dell’Arte”.
L’autrice, resasi conto della mancanza di materiale documentario completo sull’argomento, si è data pena di raccogliere tutte le testimonianze conosciute sui lazzi all’interno di questo volume, estrapolandole anche dagli appunti scritti di proprio pugno da alcuni attori storici della Commedia dell’Arte, tra cui quel Biancolelli che fu un grande Arlecchino nella Francia del XVII secolo.
I lazzi sono suddivisi per argomento, numerati in modo da poter essere facilmente ritrovati nel caso si decida di prendere appunti. Per ogni lazzo viene fornita sia la traduzione in un italiano corrente, sia la versione originale, in italiano antiquato oppure in francese. La lettura è istruttiva ma anche divertente. Molti lazzi sono tanto attuali da esistere ancora nel varietà e nelle commedie moderne, pur sotto altre forme. I meccanismi della risata rimangono più o meno gli stessi e ci si ritrova spesso a sorridere nel leggere la descrizione delle azioni in scena. E’ da notare quanto fosse importante il lato acrobatico in talune Maschere, che dovevano essere capaci di capriole, salti, cadute e contorsioni del corpo che richiedevano evidentemente anni e anni di lavoro e allenamento.
Il difetto principale del saggio è la quantità non indifferente di errori di traduzione, anche dall’italiano. Spesso, infatti, la traduttrice fa confusione e sbaglia i nomi delle Maschere, oppure interpreta in maniera errata l’azione scenica. E’ dunque necessario avere la pazienza di leggere anche il documento originale, se si vuole essere certi di aver capito bene lo svolgersi del lazzo.
Inoltre, spesso i lazzi vengono ripetuti più volte all’interno del saggio. La cosa deriva dal fatto che alcuni di essi possono a ragione essere catalogati sotto diverse voci (per esempio, un lazzo notturno che è anche un lazzo delle scale o amoroso), ma è piuttosto seccante trovarsi a rileggere le stesse cose, accorgendosene magari a metà del testo. Sarebbe stato forse meno scomodo segnalare direttamente la doppia o tripla appartenenza alla prima apparizione.
In generale, comunque, un fondamentale strumento di studio e fonte di preziose informazioni pratiche per chi si accosta al Teatro di Maschera.

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