lunedì 5 agosto 2013

Esopo - Favole

Una delle più antiche raccolte di favole occidentali è il corpus di testi ascrivibili a Esopo, personaggio dai tratti mitici al pari di Omero, probabilmente proveniente dalla Frigia. Fabulatori successivi, come Fedro e i novellatori medievali, si sono ampiamente ispirati a lui e alla struttura semplice e diretta delle sue favole.
Non è facile districarsi attraverso le fiabe che gli sono attribuite. Gli specialisti hanno cercato di epurare la raccolta da testi di palese provenienza medievale (aggiunte durante le trascrizioni degli amanuensi) ma per alcune favole l’attribuzione è controversa. Di quando in quando, la morale finale sembra pretestuosa oppure non del tutto coerente con il reale significato della favola. Probabilmente ci si trova di fronte ad aggiunte successive.
Si tratta sicuramente di una tradizione orale sedimentata nella cultura locale che ha trovato, per mano di Esopo, uno sbocco nella scrittura (ricordiamo che per molto tempo è esistita un’accesa diatriba intellettuale tra il mondo della cultura orale e quello della parola scritta).
Le favole di Esopo sono caratterizzate dalla brevità e dalla morale finale che riassume il concetto o l’insegnamento precedentemente enunciato attraverso la narrazione. Molto spesso i protagonisti sono animali, personificazioni di vizi e virtù dell’uomo. Capita spesso di assistere anche al confronto tra uomo e animale, con alterne fortune. Più di rado, si narra di vicende prettamente umane o di dispute con le divinità.
Non posso giudicare la qualità della traduzione che vi sto presentando – a cura di Mario Giammarco per la Newton Compton Editori – in quanto non capisco mezza parola di greco! Posso però assicurarvi che la lettura della versione italiana è piacevole, moderna, spigliata. Il linguaggio è quasi sempre quotidiano, senza arcaismi volti a rendere l’antichità del testo a scapito della comprensione. Le favole sono numerate e accompagnate dal testo originale, in modo da poter essere oggetto di studio e lettura per chi compie studi classici o ha interesse in merito.
Non si tratta di favole per bambini, nonostante di norma si associ questo genere all’infanzia. Le tematiche trattate riguardano in prevalenza dinamiche sociali che assumono valore o possono essere comprese solo quando si entra nell’età adulta. Non tutte le favole intendono fornire un insegnamento, ma quasi tutte danno una lezione morale o di comportamento tra individui, oppure tra il singolo e la comunità.
Ci sono anche spunti riguardanti l’atteggiamento umano nei confronti del divino e della religione in sé, in un sottolineare difetti e abitudini scorrette che vanno al di là del periodo storico e culturale e si trascinano da sempre lungo l’esperienza umana.
Durante la lettura si incontrano con piacere le forme originali di fiabe che hanno accompagnato la nostra infanzia, come “Il topo di campagna e il topo di città”, nata per comunicare come le piccole, pacifiche cose siano migliori di ricchezze ottenute solo a prezzo di continui pericoli; “La lepre e la tartaruga”, gara di velocità in cui la costanza è premiata sulla prestazione invidiabile ma di breve durata; “La volpe e l’uva”, che insegna a non denigrare i nostri passati obiettivi solo perché non siamo riusciti a raggiungerli. Come già accennato in precedenza, la forma originale è molto cruda e diretta, ben diversa dai toni più dolci e narrativi delle versioni per bambini.
Non è una lettura da mandar giù in un sol boccone. Un po’ come per la poesia, va centellinata. Bisogna fermarsi a visualizzare e a riflettere, cercando da sé l’insegnamento in quanto letto, a volte ben al di là delle poche righe di morale presenti nel testo.

Nessun commento: