martedì 1 ottobre 2013

Giorgio Strehler o La passione teatrale

Il libro che vi vado a presentare oggi (chiedo scusa ma non ho trovato l’immagine di copertina) è un testo multiforme nato dalla trascrizione di un evento del 1990, la premiazione di Giorgio Strehler al Taormina Arte – Europa per il Teatro. Un po’ intervista, un po’ raccolta di saggi sul teatro, un po’ conversazione aperta su ciò che è stata l’esperienza del teatro di Strehler, questo magnifico testo edito con Ubulibri ci restituisce un evento storico e artistico di grande levatura.
Dopo una prima parte di presentazione dell’evento e delle motivazioni alla base sia della manifestazione che della premiazione, viene proposta una conversazione con Anatolij Aleksandrovic Vasil’ev, regista russo nato nel 1942 che in questa specifica occasione ricevette a sua volta un premio per le proprie esperienze teatrali.
Appassionato di Pirandello, Vasil’ev lavora con i propri attori utilizzando con generosità l’improvvisazione sul testo, poi codificata per la messa in scena ma sfruttata per dare nuovo respiro, una nuova vita ai testi presi in esame. Spesso le sue rappresentazioni non sono nemmeno andate in scena, osteggiate dal regime comunista, e ne rimane solo l’esperienza del lavoro. L’intervista lo porta a parlare della sua idea del teatro, delle sue esperienze e del difficile clima nel suo Paese natale, cosa che all’epoca lo faceva tentennare tra le offerte provenienti dal resto d’Europa e il desiderio, nonostante tutto, di ottenere un proprio spazio in Russia e offrire il lavoro di scena al pubblico del suo Paese.
A questo omaggio al nuovo che avanza, segue una sezione costituita da brevi saggi che hanno lo scopo di indagare le tematiche e i modi del teatro di Strehler. Si analizza la scelta dei testi da parte di questo regista iperproduttivo, le sue preferenze in fatto di autori (è un dato di fatto che spesso si instaura una sorta di ponte emotivo e artistico tra un regista e determinati autori teatrali), il suo quasi totale abbandono dei testi contemporanei per dedicarsi al repertorio “storico”. Viene rievocata la sua esperienza volta a creare un teatro europeo, con i lavori portati in scena in Germania e, soprattutto, in Francia. Si analizza la componente sociale /politica di una parte del suo lavoro, la sua idea di quello che è regia e le scuole di pensiero che hanno contribuito alla sua visione del Teatro.
Cominciano quindi le interviste, che riescono a dare – molto più dei saggi – uno spaccato artistico e profondamente umano dell’esperienza strehleriana e di ciò che lavorare con questo regista ha lasciato ad attori e addetti ai lavori.
In un dialogo aperto tra Strehler e i suoi collaboratori, si delinea il profilo di un professionista esigente fino a sfiancare chi gli sta attorno, istrionico, incapace di dirigere dalla sala senza fare su e giù dal palco innumerevoli volte. Un regista che affronta ogni testo come un viaggio che abbraccia letteratura, storia, arte, costume e che costringe tutti a seguirlo nella magia, appassionando e mettendo alla prova le forze di chi lavora al suo fianco. Un artista che conosce alla perfezione la parte di ognuno, le partiture musicali, i progetti di scena. Un genio che insieme a Paolo Grassi e a Nina Vinchi è riuscito a creare un polo teatrale di livello internazionale al Piccolo di Milano.
Si alternano nella rievocazione di episodi lavorativi e personali grandi nomi come Giulia Lazzarini, Ezio Frigerio, la stessa Nina Vinchi, Turi Ferro…Un dialogo aperto con Strehler, che li incoraggia, li contraddice, a volte persino si commuove nello scoprire quanto ha segnato l’evoluzione come artista di alcuni suoi collaboratori.
Segue un dialogo tra Giulia Lazzarini e Giorgio Strehler che parlano del lavoro svolto su “Elvira, o la passione teatrale” di Jouvet. A metà tra l’analisi critica della messa in scena e la lettura drammatizzata del testo, i due analizzano le tematiche di questa “lezione” di teatro ambientata a cavallo degli anni della Seconda Guerra Mondiale, portando in luce le difficoltà dell’interpretazione scenica e offrendo un bellissimo scambio tra regista e attrice, in parte “scenico” e in parte verità.
Con un discorso conclusivo, termina questo bellissimo documento. Per chi, come me, fa teatro o quantomeno lo ama, una lettura che fa desiderare ardentemente di aver potuto assistere in prima persona all’evento e che restituisce un’immagine sfaccettata di uno dei più grandi registi del secolo scorso.

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