martedì 14 gennaio 2014

Essere attore

Il mestiere dell’attore è un mistero e difficilmente si accontenta di essere definito tale. Un mestiere è fatto di tecnica, esercizio quotidiano, abilità dettata dall’abitudine al lavoro. Per un attore, però, questo non è sufficiente. Il lavoro che gli si richiede coinvolge mente, corpo e spirito; chiede talento e istinto, che non possono essere del tutto sostituiti dalla tecnica, la quale va solo ad affinare le doti iniziali. Chiede un sacrificio costante, un ininterrotto rimettersi in gioco e reinventarsi. Non è per tutti.
Certo, c’è chi vive sul palco proprio come vivrebbe in ufficio: con dedizione al lavoro e mestiere si guadagna la pagnotta. Tra questi attori ve ne sono anche di indubbia qualità e non per questo motivo vanno denigrati. Il “vero” attore, però, va molto oltre questo onesto modo di approcciare il mestiere. Ricerca continua e una passione indomabile fanno del Teatro il fulcro di una vita, spesso a discapito del privato. L’arte teatrale chiede grandi sacrifici, quasi mai dà di che vivere dignitosamente. Eppure, è Amore.
Il saggio che vi presento oggi è un compendio di numerose interviste a grandi del teatro italiano raccolte dalla giornalista Annamaria Pertosa. Risalenti agli inizi degli anni ’80, queste interviste offrono uno spaccato della situazione del Teatro Italiano in un’epoca di transizione, quando ancora erano in vita gran parte dei mattatori dei decenni d’oro (da Gassman alla Borboni, da Albertazzi a Dario Fo) e si profilava all’orizzonte la nuova generazione di attori, che all’epoca ancora doveva affermarsi e tra cui oggi riconosciamo dei “mostri sacri” non meno grandi dei loro predecessori, anche se purtroppo meno numerosi di un tempo (Gigi Proietti, Loretta Goggi, etc.).
Edito da La Spiga, il testo si propone di offrire uno spaccato del mondo dello spettacolo italiano attraverso le voci dei diretti interessati, toccando alcuni argomenti ben definiti.
Viene chiesto, ad esempio, se si percepisce come tale il recente “boom” del teatro, un apparente ritorno del pubblico nelle sale dopo un periodo di abbandono e disinteresse. Le risposte al riguardo sono molto varie e le percezioni altrettanto differenziate. I più ottimisti speravano che la percezione fosse azzeccata e che la marea stesse cambiando. Altri, più lungimiranti, ritenevano fosse solo una parentesi di costume, una moda, e il tempo ha dato loro ragione (oggi, ad esempio, sembrano attirare solo gli spettacoli musicali).
Si parla dei pro e dei contro dei Teatri Stabili, centri di genio ma anche di grandissimi sperperi di denaro pubblico. Gli allestimenti faraonici, le scelte del testo dettate quasi sempre dai dictat del politico di turno, avevano già gettato discredito sui lavori degli Stabili, contrapposti alle sperimentazioni dei privati senza un soldo che finivano per scomparire. Si salva da questo fuoco di fila l’opera di Strehler, additato da tutti come un genio.
Parlando di genialità, la giornalista interroga gli attori su alcuni colleghi che, in un modo o nell’altro, si sono guadagnati una fama particolare. Si parla di Paola Borboni, da tutti apprezzata per le sue doti artistiche e per la fermezza con cui non ha mai esitato a sacrificare le proprie sostanze e se stessa per il teatro. Viene analizzata l’opera di Eduardo De Filippo e la difficoltà con cui si riusciva a pensare, all’epoca, alle sue opere prive della presenza dell’autore in scena. Ancora molto ancorati alla sua interpretazione, molti attori avevano pronosticato la scomparsa del suo teatro dalle scene, cosa che poi non si è verificata.
Un argomento su cui le opinioni si diversificano moltissimo è la reale valenza artistica di Carmelo Bene, da alcuni ammirato, da molti criticato per i suoi divismi fine a se stessi che lo allontanano dall’Arte.
Viene valutato l’apporto del regista nella creazione dello spettacolo e come il periodo del regista-dittatore stesse finendo per tornare a un più auspicabile equilibrio tra il suo lavoro e quello dell’attore in scena.
I brani più belli, però, si trovano in risposta a cos’è per ciascuno l’Attore, cosa ha significato diventarlo e vivere con questa etichetta. Cosa ha portato a ciascuno, cosa ha sottratto alle loro vite.
Una piacevole raccolta di testimonianze, con alcuni brani su cui chi fa teatro sarebbe bene si fermasse a riflettere.

Nessun commento: