mercoledì 26 ottobre 2011

Cronache marziane

Se dico RAY BRADBURY, due titoli saltano subito alla mente: “Fahrenheit 451” e “Cronache marziane”. Questo scrittore statunitense, grande esploratore del fantastico, per molto tempo è stato a torto relegato nei ristretti confini dello scrittore di fantascienza. Niente di più errato. Non che Bradbury non abbia parlato di viaggi spaziali, alieni e pianeti da colonizzare…tutt’altro!
La differenza sta nel fatto che uno scrittore di fantascienza si divertirà a riempirci la testa di dettagli tecnici, nozioni scientifiche, curiosità antropologiche, biologiche e chimiche che diano credibilità a quanto narrato. Bradbury non è uno scrittore di questo tipo. C’è il razzo, ci sono gli astronauti, ci sono gli alieni: tanto basta. L’importante, per quest’uomo, è la storia in sé. E’ la fiaba che si nasconde dietro ogni cambiamento, ogni nuova scoperta.
Gran parte degli affezionati lettori di fantascienza (come di tutti gli altri “generi puri”) tende a essere molto fiscale nel catalogare cosa rientra nella categoria e cosa no. “Cronache marziane” è un capolavoro di fantasia e poesia, più che di fantascienza. La mancanza di sostrato scientifico nella prosa di Bradbury dimostra che creare futuri plausibili non era il suo scopo. Allo stesso tempo, la sua lucida analisi dell’atteggiamento colonialistico umano – soprattutto statunitense, in questo caso- non si discosta affatto dalla realtà, anzi la mette in luce con sconcertante preveggenza (ricordiamo che “Cronache marziane” ha visto la luce negli anni ’50).
Il romanzo, in verità una raccolta di racconti legati tra loro come perle di una collana, apre brevi e vivide finestre su sogni e incubi di sconcertante bellezza, cercando di stimolare nel lettore uno spunto alla riflessione, all’introspezione di sé e dei difetti congeniti dell’Uomo. Una storia di distruzione e disperazione, ma anche di fede.
“Cronache marziane” narra le vicissitudini del pianeta Marte dal 1999 al 2026, secondo il conteggio degli anni sulla Terra. Il quarto pianeta del Sistema Solare non è un globo rosso e morto, in attesa di nuovi colonizzatori, ma un mondo abitato, ricco di una sua civiltà peculiare.
Questa civiltà, più stratificata e antica di quanto facciano pensare i primi racconti, viene dapprima solo vagamente sfiorata dai primi pionieri dello Spazio mandati in avanscoperta (quasi tutti i visitatori terrestri vanno incontro, in un modo o nell’altro, a una brutta fine), ma a conti fatti non riesce a sfuggire alla totale devastazione che l’Uomo porta con sé. Nel caso specifico, è una normalissima malattia terrestre a falcidiare la popolazione marziana.
Comincia così la colonizzazione di un pianeta morto, su cui si aggirano ancora i fantasmi di un’epoca che fu. Marte accoglie l’Uomo senza pensarne né bene né male, mentre sulla Terra la gente alza con speranza gli occhi al cielo nel tentativo di allontanarsi da una società sempre più contaminata dalla violenza (rappresentata dall’incubo dell’atomica, in quei vertiginosi anni di tensione seguiti alla Seconda Guerra Mondiale, e dal razzismo imperante).
Nella lotta continua tra il Materialismo e il Sogno, si consuma l’epopea marziana, con un finale dolceamaro.
La scrittura di Bradbury non è per tutti i palati. La sua prosa è sognante, immaginifica, a tratti ridondante e barocca come un testo di Oscar Wilde. La definizione che meglio si adatta alla scrittura di Bradbury è “pittorica”. Divagando spesso dalla linea continua della trama, lo scrittore usa la parola per dipingere nell’immaginazione del lettore quadri surreali come un’opera di Dalì, estranianti come un Tanguy, delicati come un Lee. Chi è abituato alla prosa diretta e spesso scarna degli ultimi vent’anni, potrebbe trovare la lettura di “Cronache marziane” ridondante, complicata, ma è una semplice questione di abitudine. Chi ha già sviluppato un forte legame con le arti visive, invece, non potrà far altro che amarlo fin da subito. E’ il romanzo su cui ogni illustratore vorrebbe avere l’onore di poter lavorare.
Leggetelo con calma, assaporando ogni racconto come fossero assaggi della cucina di un grande chef. Non ve ne pentirete.

Nessun commento: