sabato 1 ottobre 2011

Fosca

FoscaEcco il secondo dei nostri “classici”.
Questa è una di quelle letture che durante il periodo del Liceo o vengono imposte dai professori o vengono evitate come la peste. Personalmente, non avevo sentito nominare la “Fosca” di Igino Ugo Tarchetti fino a un paio di anni fa, quando in preda all’ennui (il male del nostro secolo) mi sono messa a leggere l’antologia del Liceo. All’epoca, la mia ex professoressa di italiano si soffermò talmente a lungo sulla figura di Giordano Bruno – qualcosa come sei mesi- che a conti fatti si può dire che se esiste una materia in cui sono carente è proprio la Storia della Letteratura Italiana. Da quando ho terminato l’Accademia sto rimediando in proprio…ma non dilunghiamoci.
Ebbene, nel capitolo dedicato alla Scapigliatura ho trovato un piccolo stralcio di “Fosca” e sono stata colta da una gran voglia di leggere il romanzo. Grazie ad una conoscente, finalmente sono riuscita nell’impresa.
Giorgio è un giovane dalla salute incerta, dedito alla vita militare. Durante un attacco della sua malattia, conosce Clara, una bella donna dal carattere amabile che, pur se sposata, si innamora di lui ricambiata. La coppia vive una proibita – per quanto intensa e pura- storia d’amore, che restituisce la salute a Giorgio e la felicità a Clara.
L’avviso di trasferimento del giovane in un paesino spezza l’idillio dei due, che si separano con la promessa di rivedersi presto. Nel paese, però, Giorgio cade nel gorgo dei possessivi sentimenti di Fosca, una donna preda di isterie, fisse e ossessioni che la stanno uccidendo di consunzione. Per quanto Giorgio cerchi di separarsi dalla donna che pretende il suo amore, le circostanze lo riconducono sempre da lei, e sempre più vicino, tanto che Giorgio stesso si ammala. I due procedono veloci verso un destino infausto, che forse nemmeno l’amore di Giorgio per Clara potrà evitare…
“Fosca” è un romanzo breve ma molto evocativo, dal linguaggio chiaro e spigliato nonostante la lontananza temporale dell’autore (ci si abitua subito agli arcaismi utilizzati da Tarchetti). Le descrizioni di Milano e della Pianura Padana sono splendide, ancora attuali, vivide e intense nel lugubre e decadente volto che assumono nei mesi invernali. I personaggi sono ben delineati, tratteggiati con moderna sincerità.
Pur se Clara rappresenta la Luce e Fosca l’Oscurità, come viene palesemente indicato dagli stessi nomi che portano, assegnare ad ognuna la propria casella sarebbe ingiusto e riduttivo. Entrambe sono donne con una personalità sfaccettata, anche se Fosca batte per profondità di caratterizzazione la sua avversaria. Le patologie mentali di cui è preda, e che man mano agiscono su Giorgio, sono sfinenti e irritanti anche per il lettore, che al pari del protagonista non riesce ad immaginarsi come levarsela di torno se non con l’intervento della Morte…e allo stesso tempo è impossibilitato ad augurarglielo, toccato volente o nolente dalle sue sfortune e dai suoi dolori.
Tarchetti scava a fondo nei sentimenti, svelandone le vacue superfici e i ribollenti abissi. Nella frenetica danse macabre di Fosca e Giorgio, Amore e Morte si inseguono, a malapena sfiorati dalla luce, in un gorgo oscuro che tutto corrompe e rende orribile, perfino il cuore di un innamorato.
Splendida lettura. Consigliato a chi ama il decadentismo e la scapigliatura, ma anche a chi apprezza le storie d’amore non scontate.

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