sabato 10 novembre 2012

Dracula

Sembra una perdita di tempo recensire un romanzo di cui tutti hanno sentito parlare o hanno visto almeno una versione cinematografica. “Dracula” può essere classificato come il padre di tutti i moderni vampiri, da quelli dei film dell’orrore degli anni d’oro alle figure più alla moda e dotate di fascino pallido e palestrato degli ultimi anni.
Eppure, quanti di voi appassionati del mostro notturno assetato di sangue ha mai letto davvero il romanzo capostipite, quel “Dracula” di Bram Stoker da cui il fenomeno mediatico ha avuto origine? Temo che la risposta sia: pochi. Molto pochi. Tenendo conto del fatto che praticamente non esiste una versione cinematografica fedele al romanzo, è come dire che ben pochi di voi conoscono la storia di Dracula.
Una delle versioni più fedeli che il cinema ci abbia regalato è proprio quel “Dracula – di Bram Stoker” per la regia di Francis Ford Coppola, che segue quasi pedissequamente la vicenda originale ma dà molto spazio al punto di vista del vampiro (cosa assente nel romanzo, come vedremo), trova una giustificazione d’amore all’assalto che egli porta a Mina e conferisce una nota umana e struggente alla figura di Vlad Dracula, analizzato anche dal punto di vista storico (il famoso Principe di Valacchia) ben oltre le intenzioni dell’autore. Questo aggiunge, più che togliere, qualcosa alla storia…ma ci sottrae le suggestioni e le atmosfere agghiaccianti della versione originale. Con lo scopo di scavare più a fondo, senza dubbio, ma non possiamo comprenderlo senza aver letto prima il romanzo.
Perciò, eccoci. Iniziamo con un brevissimo riassunto della trama.
Il giovane legale Jonathan Harker si reca in Transilvania per concludere una transazione immobiliare con tale Conte Dracula, ora proprietario di una casa a Londra. Il giovane si troverà imprigionato in un castello di orrori, con la vita appesa a un filo dopo aver scoperto che il suo ospite è un vampiro il cui scopo è infiltrarsi nella moderna società inglese. In Inghilterra, nel frattempo, lo attende la fidanzata Mina in compagnia dell’amica Lucy, una bella giovane corteggiata da ben tre pretendenti (il nobile Arthur Holmwood, il dottor Seward e l’avventuroso americano Quincey). Dracula arriva in Inghilterra e, mentre Mina raggiunge il futuro sposo fuggito dal castello, uccide Lucy nonostante gli sforzi per salvarla dei suoi innamorati e del medico/stregone Van Helsing. I quattro amici sono costretti a dissacrare il corpo di Lucy, diventata a sua volta vampira, e con l’aiuto di Jonathan e Mina si mettono sulle tracce di Dracula per fargliela pagare. Il Conte, però, contamina anche Mina grazie all’aiuto del suo schiavo Renfield, ripagato con un’orribile morte, prima di ripartire per l’Europa in attesa di tempi migliori. L’ultima caccia al Male ha inizio…
La cosa che balza agli occhi, in questo romanzo in forma di epistola e diario, è che il punto di vista è univoco, pur se affidato a più voci. Sembra una contraddizione in termini, ma a ben guardare il diritto di parola – e di cronaca – è affidato in via esclusiva alle voci di chi combatte il vampiro. Dracula non ha alcuna possibilità di spiegarsi, di affidare i suoi pensieri al lettore, di comunicargli i suoi piani o le sue brame. Nessuno di spiraglio di comprensione ci viene aperto per farci comprendere cosa pensa la mente criminale.
Dracula è il protagonista ma non parla mai, se non in brevi scene e tramite il filtro della scrittura altrui. Dopo le prime scene al castello con Jonathan, in cui dimostra la sua abilità dialettica e la sua erudizione, fa la sua comparsa solo in minuscoli momenti, restando quasi sempre presente sulla scena come opprimente argomento di conversazione e nemico invisibile. Eppure, non passa nemmeno per l’anticamera del cervello di offrire la palma di protagonista agli altri, a chi ci parla dall’inizio alla fine e combatte pagina per pagina contro questo Male venuto dal cuore dell’Europa.
Perché? Quale fascino tremendo suscita anche in noi lettori il Principe voivoda (qui Conte)?
Jonathan, Mina e gli altri amici rappresentano la razionalità, il pragmatismo e i valori del Bene borghese in lotta contro il sensuale e violento Male che giunge da un buio passato. Per combatterlo, però, devono rivolgersi a una scienza che è anche magia e religione, nelle mani di Van Helsing, e quindi sprofondare in un mondo dapprima negato che non consentirà più a nessuno di loro di tornare ad essere quelli che erano o vivere una vita normale. Van Helsing accusa spesso Dracula di avere un cervello fino ma infantile; eppure, Dracula riesce a gabbarli praticamente fino alla fine. Forse tacciare il Male di infantilismo è un modo per tentare di sminuirlo nonostante l’evidenza del suo potere di influenzare quanti ne vengono in contatto.
Per quanto il romanzo termini con l’affrettata morte di Dracula, il vampiro ha vinto. Ha portato la Notte, il Sesso, la Paura nelle menti di chi viveva nell’ovattata sicurezza della moderna società. Ci ha raccontato che la morte non è sempre la razionale fine dell’esistenza.
Ancora adesso, pur temendolo, non possiamo fare a meno di lui.

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