mercoledì 23 gennaio 2013

Medioevo superstizioso

Cosa divide il concetto di fede da quello di superstizione? Entrambi prevedono lo sforzo di credere che un evento si verificherà o verrà scongiurato, che si avrà un beneficio o un danno a seconda che il rituale venga compiuto in maniera corretta o meno. Dunque cosa separa in modo tanto netto i due concetti, almeno per ciò che riguarda la filosofia occidentale?
Jean-Claude Schmitt si prendere l’onere di dare una risposta a questa domanda nel suo saggio “Medioevo superstizioso”, in cui analizza la nascita e il radicarsi della definizione di ciò che è superstizione dall’avvento dell’era cristiana e poi durante tutto il Medioevo, fino a culminare nelle persecuzioni di eretici e streghe, tristemente famose.
La superstizione si basa su un principio molto chiaro di causa/effetto. Compiendo una determinata azione, otterrò un certo risultato. Oppure ancora, se mi si presenterà un certo segno, esso varrà come una precisa predizione degli eventi futuri. A volte, il rituale e il segno possiedono una relazione apparentemente logica o simbolica con l’effetto che si vuole ottenere o l’evento futuro predestinato, ma molto più spesso le due cose non paiono collegate in alcun modo e c’è da lambiccarsi il cervello per riuscire a capire come una superstizione simile sia nata e si sia radicata.
Per la Chiesa, la differenza tra fede e superstizione era netta. La prima prevedeva l’affidarsi completamente a Dio. Tutto è deciso da Lui, perciò è inutile e vano sia cercare di predire il futuro che trovare significati reconditi in ogni cosa che accade. Il vaticinio, come ogni genere di pratiche volte a scacciare malocchi o ingraziarsi le forze della natura, furono condannate fin dal principio, dapprima tacciando chi se ne macchiava di idolatria e stupidità, ma più avanti ritenendole vere e proprie azioni fuorvianti del Demonio.
Gran parte di ciò che veniva chiamato “superstitio” derivava dalle antiche religioni non ancora defunte, che riuscivano a sopravvivere attraverso riti e credenze che la Chiesa non riusciva a sradicare in alcun modo. L’autore ci porta l’esempio di molti santi la cui principale occupazione era girare per i territori in caccia di luoghi di culto pagani da radere al suolo, gente da riconvertire facendo loro aprire gli occhi sulla stupidità dei riti idolatri. Per concludere, un nuovo centro di culto (stavolta cristiano) veniva edificato sulle ceneri di quello vecchio.
Spesso questo non bastava a sradicare credenze troppo sentite, perciò la Chiesa trovò il sistema di sovrapporre a talune figure pagane, o festività troppo amate, dei corrispondenti che derivassero dalle ricorrenze religiose oppure dalle figure di santi, beati e personaggi evangelici le cui caratteristiche fossero simili alla divinità pagana da far dimenticare.
Questo atteggiamento di forte condanna e di lotta aggressiva al substrato delle superstizioni non fu una costante del Medioevo. Vi furono anche momenti di studio quasi antropologico di questo miscuglio di credenze pagane e non, una volontà di catalogarle e cercare di capirne le origini, la diffusione, il significato.
L’inurbamento creò a sua volta le proprie superstizioni, nate a causa della convivenza sociale di comunità sempre più grandi che avevano bisogno di sfogare in qualche modo le proprie paure, le frustrazioni. Furono i centri urbani, per esempio, a creare quei momenti di festa incontrollata (come il nostro Carnevale) in cui ogni ordine veniva sovvertito, con l’obiettivo non solo di sfogarsi ma anche di esorcizzare, in tal modo, le forze destabilizzanti del vivere sociale per tutto il resto dell’anno.
Nell’ambiente clericale, poi, ai detrattori si affiancavano prelati meno schizzinosi che non esitavano a praticare a loro volta particolari riti per fare scongiuri o divinazioni, usufruendo tra l’altro di un’autorità non da poco grazie alla veste ecclesiastica. Questi personaggi vennero sempre osteggiati e combattuti, rei di avvicinarsi fin troppo alle scienze occulte come l’alchimia. Con il tempo, il concetto di peccato come patto volontario col demonio portò a vedere ogni rito superstizioso come atto di stregoneria, con i risultati che ben conosciamo.
Un saggio conciso ma molto interessante su un aspetto fondamentale del pensiero cristiano medievale.

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