sabato 11 maggio 2013

Non solo armi - Pasubio 1915 - 1918

Fino a qualche anno fa, qui a Vigevano, esisteva un Museo che ospitava una sezione dedicata a un’ampia collezione di oggettistica e divise della Prima Guerra Mondiale, soprattutto italiane e austro-ungariche. Era una stanza delle meraviglie e degli orrori; soprattutto, era una stanza che ricordava le imprese di uomini costretti a fare una vita tremenda su un fronte micidiale come quello alpino.
In quella singola camera, piena fino all’inverosimile, era conservata testimonianza di tante vite e tante morti, per insegnare qualcosa alle generazioni che la guerra non l’hanno mai vissuta.
Poi, come un vento di tempesta, l’Assessore di turno è passato con lo schiacciasassi e ha smantellato tutto quanto, asserendo che certi musei servono solo ad inneggiare alla guerra. Fortunatamente, non tutti rifiutano di capire lo scopo di una iniziativa simile e c’è chi si prodiga per fare in modo che la memoria non muoia e il sacrificio di tanti non diventi un fantasma scomodo.
Nei luoghi che hanno vissuto direttamente la Prima Guerra Mondiale, ad esempio, la questione del ricordo e della diffusione della conoscenza di quegli eventi fondamentali è molto sentita. Esistono molti musei, mostre temporanee, itinerari studiati appositamente per far visitare i luoghi delle battaglie (più una guerra di posizione, in realtà) e le opere di ingegneria che hanno consentito a tanti soldati di vivere e combattere in quota, in condizioni ambientali estreme.
Le battaglie e le opere dell’uomo, inoltre, hanno modificato il territorio e ancora oggi un occhio esperto può riconoscere gli scavi delle trincee, i crateri delle granate solo parzialmente nascosti dalla nuova vegetazione e dall’erosione degli agenti atmosferici, i fori nella montagna scavati dai soldati, confusi tra le grotte naturali.
La zona del Pasubio, soprattutto, tiene molto caro il suo passato bellico, raccontando la storia degli uomini che hanno combattuto tra le sue cime attraverso numerose iniziative. Il Museo Storico Italiano di Rovereto in collaborazione con il Tiroler Kaiserjägermuseum di Innsbruck, ad esempio, nel 2002 ha pubblicato con Nicolodi Editore una raccolta fotografica che vuole offrire testimonianza di diversi aspetti della vita del soldato in quota, riunendo nello stesso volume sia le testimonianze relative alle milizie italiane che a quelle austro-ungariche.
Il volume, infatti, è redatto sia in italiano che in tedesco, in maniera da essere fruibile da appassionati di entrambi i Paesi. In questo modo, gli antichi nemici possono confrontarsi in maniera neutrale, osservando come fossero simili i loro sforzi e le privazioni.
La pubblicazione è realizzata su carta lucida, le foto da archivio sono stampate con un’ottima risoluzione e ognuna di esse è corredata da una didascalia esaustiva. Le foto sono state suddivise per capitoli tematici, ognuno dei quali viene dapprima sviscerato tramite un breve testo, che fornisce al lettore le informazioni essenziali, e poi narrato attraverso le sole immagini.
La lunga introduzione offre la possibilità di leggere stralci di un vero diario dal fronte, quello di Francesco Laich, musicista arruolato dapprima con compiti non distanti dalla sua professione, poi prestato agli ingrati lavori del semplice soldato. Seguono mappe fotografiche dettagliate delle cime interessate dallo scontro tra i due eserciti, per passare quindi alla raccolta di foto vera e propria.
La galleria fotografica mostra diversi aspetti della guerra d’alta quota: dalla geografia dei due fronti
ai baraccamenti, dal triste spettacolo di ciò che restava dopo le battaglie ai momenti di riposo e svago dei soldati. Vi si trovano ritratti di generali come di soldati semplici, di inverni crudeli e di allegri bagni estivi nei torrenti. Paesi sventrati, montagne crivellate, manti bianchi che seppelliscono tutto e rendono il paesaggio irriconoscibile. Croci bianche dopo la conta dei morti.
La guerra tira fuori il peggio e il meglio degli uomini; una piccola porzione di ciò che si è consumato sulle nostre montagne può essere conosciuto e, forse, compreso attraverso queste testimonianze dell’epoca, senza più odi patriottici ma considerando tutti vittime in ugual modo di una guerra orribile che non dovrebbe mai essere dimenticata.

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