venerdì 7 marzo 2014

Wolf's Eyes


“Wolf’s Eyes” racconta la storia del giovane Stray, un italiano dal passato misterioso. Esperto di arti marziali e pratiche orientali, logorroico e simpatico appassionato di heavy metal, il ragazzo porta con sé i semi di un disastro planetario, ma ancora non lo sa. Il suo viaggio negli Stati Uniti, in una California che non lo accoglie esattamente a braccia aperte, gli porterà l’amore ma, soprattutto, la scoperta delle sue vere origini. Il potere risvegliato dentro di lui è però il veicolo dell’Apocalisse, una guerra divina iniziata prima che la memoria dell’Uomo potesse registrarla. Riuscirà a impedire la catastrofe e a salvare le persone a cui tiene?
La scrittura di Antonio Moliterni è acerba, ancora adolescenziale. Frequento il mondo delle fanfictions (storie scritte dai fans basate su fumetti/film/libri già esistenti) da molti anni, e il livello qualitativo medio nell’ambiente è proprio quello che ho ritrovato in questo libro. Una storia scritta con passione ma ben poca maestria.
Il lato positivo di questo romanzo è che è stato scritto con sincerità. E’ palese in ogni riga come l’autore ami la sua storia, la senta propria e la racconti senza artifici letterari, per il puro piacere di condividere la propria invenzione fantastica. Questo, purtroppo, non rende meno pesanti i difetti di “Wolf’s Eyes”.
La trama si fonda su cliché ormai conosciuti, benché sia interessante l’idea di creare una mitologia primordiale precedente la creazione del genere umano. I personaggi principali, per quanto simpatici, più che seguire la propria psicologia si piegano agli eventi per come li ha decisi l’autore. I personaggi corollari, poi, sono incarnazione di “tipi” talmente prevedibili da poter essere etichettati senza sforzo al primo incontro.
Gli errori sintattici sono molti e ingenui, e su questo punto la mia critica va anche all’editore, che non ha evidentemente fatto alcun lavoro di editing sul romanzo. Si nota anche dai numerosi segni di “a capo” rimasti in mezzo al testo dopo l’impaginazione finale e altri refusi sparsi qua e là.
I dialoghi oscillano pericolosamente tra due estremi che hanno ben poco a che spartire e che rendono frammentaria l’atmosfera di questo fantasy.
Nei momenti scanzonati, infatti, le battute si sprecano, in un insistere su un sense of humor molto personale che non avrebbe dovuto essere così imposto, in quanto non tutti i lettori possono viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda dell’autore, né aspettarsi ironia (per quanto simpatica) ogni volta che uno dei personaggi apre bocca. La storia è ambientata quasi per intero negli Stati Uniti d’America, ma il gergo, le frasi fatte e gli atteggiamenti sono decisamente italiani, cosa che contribuisce alla mancanza di atmosfera.
Quando l’autore abbandona il dialogo pungente e amichevole, si cade in una serietà da saggistica portata all’estremo. Il più grave difetto di questa storia, infatti, sta nell’uso che Moliterni fa delle proprie passioni, infilate a forza all’interno della trama. L’interesse per la matematica, per la statistica, per l’heavy metal, per il significato dei nomi, per le discipline orientali…Tutto è stato riversato nel romanzo come in un grande calderone.
Ora, lungi da me criticare la decisione di parlare di ciò che si sa. Ho sempre pensato che sia un’ottima strada da seguire, soprattutto per uno scrittore emergente, in quanto più facilmente darà sapore di verità alla sua prosa e concorrerà a farlo esprimere al meglio. C’è modo e modo di utilizzare le proprie passioni ai fini della storia, però, e Moliterni si concede il peggiore. Il protagonista, infatti, diventa un’enciclopedia vivente che ad ogni minima sollecitazione ambientale si lascia andare a filippiche lunghe pagine intere in cui sciorina con dovizia di particolari nozioni specifiche slegate dalla narrazione, anche se in parte applicate poi allo sviluppo della trama. Il fatto che persino i personaggi corollari lo prendano in giro per questo suo modo di fare, non aiuta a renderlo meno pesante.
Ingenuità di chi forse scrive per la prima volta e deve ancora fare molta esperienza come narratore.

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