martedì 25 marzo 2014

I Celti

I Celti costituirono una civiltà che si diffuse in gran parte d’Europa prima che l’Impero Romano la inglobasse, anche se non riuscì a cancellarla del tutto. Nonostante la capillarità con cui questo popolo occupò le terre europee e le isole del nord, la sua storia, le sue abitudini, religione e arte rimangono ancora oggi piuttosto elusivi e argomento di pochi studiosi appassionati.
Fa specie rendersi conto che nei libri di Storia non vi si faccia quasi menzione, nonostante i secoli di civiltà trascorsi come alleati o nemici di Greci e Romani.
Un Paese che ha presto riscoperto le proprie origini celtiche e ha iniziato una disamina oggettiva della valenza storica e delle caratteristiche di questo popolo è senza dubbio la Francia, antica terra di quei Galli che combatterono Roma con tenacia e che oggi i più conoscono grazie ai fumetti e ai cartoni animati di Asterix e Obelix.
Non stupisce, quindi, che sia uno studioso francese a distinguersi per una ricerca sull’arte celtica che le restituisca peculiarità e valore. Il saggio “I Celti”, pubblicato molti anni fa per la collana BUR Arte, è uno dei primi tentativi di indagare tematiche, stili, mezzi dell’arte celtica, separando le influenze mediterranee dalle caratteristiche proprie di una civiltà complessa.
Non si conoscono con esattezza le origini del popolo celtico. Di ceppo indoeuropeo, stanziatosi in diverse zone dell’Europa spostandosi dapprima verso Occidente e il Nord Italia, e poi di nuovo verso Oriente (scontrandosi con la cultura greca) e le Isole Britanniche, annovera quali civiltà fondanti La Tene e di Hallstatt, dal luogo dei primi ritrovamenti. Esse vedono i Celti diventare sempre più stanziali, organizzati in comunità stabili. Questo favorisce la nascita di un artigianato specializzato, solo in parte influenzato dai popoli mediterranei
Il saggio si articola in diversi capitoli corredati da immagini (purtroppo in bianco e nero), in una galleria fotografica che segue il testo quasi citazione per citazione; ciò che non è illustrato tramite fotografie, trova posto nella sezione finale, di cui parlerò in seguito.
La prima cosa che salta agli occhi nell’osservare l’arte celtica è la quasi totale mancanza di rappresentazione figurativa, si tratti del mondo animale o di quello umano. L’estetica vira decisamente verso l’inconscio, il mistero, il sogno, l’astrazione. Niente di più distante dalla contemporanea concezione artistica mediterranea.
Forse per questo motivo, è difficile creare una distinzione netta tra prodotto d’artigianato e prodotto artistico, e questo ha favorito il lungo oblio e la scarsa considerazione che l’arte celtica ha dovuto patire per molti secoli, prima di essere riscoperta e valutata per ciò che è.
L’artista celtico utilizza ogni superficie per farne un labirintico percorso visivo e mentale, un sentiero attraverso cui osservare il dipanarsi di elementi ritmati, simmetrici o speculari, o ancora liberi e caotici ma accostati con sorprendente armonia. Una decorazione prevalentemente lineare, ma non per questo bidimensionale. La tridimensionalità, al contrario, è alla base del pensiero artistico celtico e non permette alla semplice fotografia di trasmettere in toto le suggestioni dell’opera, che va al contrario maneggiata e osservata da tutti i lati.
Proprio a questo proposito, l’autore fa cosa saggia nel proporre, in fondo all’opera, una rielaborazione grafica bidimensionale delle decorazioni degli oggetti complessi, in maniera da offrire uno spaccato comprensibile della reale difficoltà di ideazione e realizzazione di questi manufatti. Spesso veniva utilizzato il compasso, per creare geometrie sempre più azzardate.
Anche la decorazione lineare conobbe il suo periodo “tridimensionale”, ed ecco quindi apparire sferette in rilievo, piccoli grappoli, torsioni dei fili metallici. I materiali su cui si lavorava erano i più vari, dal legno al metallo, alla pietra; si decoravano specchi e monili (celebri le collane a tampone, o torques), ma anche oggetti quotidiani dall’uso meno frivolo, come finimenti per cavalli e armi, o monete.
Le poche rappresentazioni umane sono primitive e simboliche, oppure mal copiate dalle opere mediterranee, ma offrono un piccolo spiraglio su una cultura e una mitologia che ancora oggi ci sono in gran parte sconosciute.
Un saggio intelligente pensato per storici dell’arte e appassionati.

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