venerdì 9 marzo 2012

Passaggi - Storia della scultura da Rodin alla Land Art

Accostarsi al mondo dell’arte contemporanea è un’esperienza difficile, densa di tranelli e molto spesso frustrante. Chi ha studiato arte deve disimparare quanto appreso e arrivare a comprendere nuovi modi di intendere non solo significato e realizzazione dell’opera, ma gli stessi concetti filosofici che stanno alla base della definizione di Arte. Chi, al contrario, è vergine alla materia, corre il rischio di prendere tutto per buono, senza alcuno spirito critico, oppure rigettare tutto quanto con disgusto.
Il panorama critico non aiuta molto in nessuno dei due casi. Le avanguardie di inizio secolo scorso hanno ribaltato e rimescolato a tal punto le carte che si è in breve giunti a quel malaugurato stadio secondo cui tutto è Arte, tutti sono Artisti, tutto è lecito. Basta che l’opera sia supportata da un’Idea, da un Concetto, o dalla manifesta assenza di essi per presa posizione.
Se tutto è Arte e tutti sono Artisti, la qualità e la tecnica svaniscono nel nulla. Chiunque può fare qualunque cosa e, accaparratosi un discreto seguito, vivere come un vero artista.
Questo atteggiamento qualunquista si è purtroppo sviluppato e radicato, anche grazie alla mala-informazione imperante. Quanto sto per dire potrebbe attirarmi antipatie, ma non sono il tipo che trova giustificazioni alla verità: oggi sono il denaro e le conoscenze a fare un artista.
Già durante la formazione accademica l’allievo viene spinto a creare in maniera non figurativa per adattarsi al mercato contemporaneo e a entrare nella cerchia degli insegnanti che possono dare qualche spinta per future esposizioni di opere. Le prime critiche positive di norma sono concordate a tavolino. Alla fine, è la critica che sceglie i suoi e li fa grandi, come sono le case discografiche a decidere quale musica vende e quale no. Ma questa non è Arte: è business.
Nonostante questa decadenza imperante, rigettare in toto le esperienze e le evoluzioni dell’Arte Contemporanea sarebbe sciocco e limitativo. Da dove cominciare, allora, per orientarsi in un mondo diventato troppo affollato e vario?
“Passaggi – Storia della scultura da Rodin alla Land Art” di Rosalind Krauss è un testo storico-critico edito da Bruno Mondadori. Si rivolge esclusivamente al mondo della scultura, ma è un saggio essenziale se si vuole cercare di comprendere questa difficile materia.
Utilizzando un linguaggio tecnico ma non incomprensibile come tanti altri testi di critica, la Krauss propone un viaggio sistematico attraverso l’evoluzione della scultura nel ventesimo secolo.
Il punto di partenza è la figura di Auguste Rodin (1840-1917), scultore francese che per primo adottò un atteggiamento innovativo verso la realizzazione della figura umana, liberandosi dalle catene della resa anatomica per trasmettere significati e emozioni tramite la deformazione del corpo, in funzione del messaggio. La sua arte segna un punto di non ritorno e dà il via a una evoluzione sperimentale.
Il primo capitolo, quindi, analizza la sua ricerca formale comparandola ai suoi contemporanei, in particolar modo a Medardo Rosso, scultore italiano che plasmava forme che tendessero a “trasparire” dalla materia o ad essere delineate da luci e ombre più che attardarsi su lavori “finiti”.
Nel secondo capitolo si passa alle prime avanguardie: dal Cubismo, che cercava di rappresentare l’oggetto da ogni punto di vista contemporaneamente, al Futurismo, per cui il movimento era precetto fondamentale, al Costruttivismo russo, che cercava di rendere manifeste nella scultura le linee strutturali della forma.
Si giunge quindi al rifiuto dell’opera d’arte e del significato con il readymade di Duchamp. Un semplice oggetto diventa arte se manipolato o firmato dall’artista (vedi il famoso esempio di “Fontana”: un orinatoio). Brancusi porta avanti il concetto in maniera differente, in quanto le sue forme apparentemente semplici, levigate e lucidate in maniera maniacale, comunicano qualcosa di arcaico, al di là dell’intelletto.
L’evoluzione naturale, nata anche come veicolo di protesta sociale, fu il surrealismo, le cui forme dedite al gioco e alla psiche, al sogno, vengono esaurientemente analizzate nel capitolo quattro.
La Seconda Guerra Mondiale influenza i materiali d’uso (metallo, saldature) e i temi trattati, spesso di sfondo bellico e violento. Nasce con David Smith il Tanktotem, l’arte colossale totemica, presa in esame nel quinto capitolo.
Si prosegue con uno sguardo approfondito alla commistione tra teatro e scultura, - dalle opere in movimento di Calder agli happening e alle performance – per concludere con le avanguardie più recenti, dal Minimalismo alla Land Art.
Un saggio approfondito, chiaro e di grande aiuto. Consigliato vivamente a tutti gli studenti d’arte!

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