venerdì 18 maggio 2012

Tradizioni celtiche


“Tradizioni celtiche” di Ward Rutherford (edito dalla TEA) è uno dei migliori testi sull’argomento che mi sia mai capitato tra le mani.
Questo è un saggio di sorprendente chiarezza, lucidità. Una trattazione tanto complessa nei rimandi e nella profondità culturale quanto semplice nel linguaggio, adatto a tutti i palati. E’ raro trovare un tomo che consenta una fruizione così “spensierata” offrendo al contempo una mole di informazioni non solo considerevole, ma ricca di spunti per successivi approfondimenti.
Rutherford ci parla dei Celti come appartenente alla loro eredità, ma analizza con lucida obiettività l’influenza che la cultura di questo popolo ha avuto (e ancora ha) sulla cultura occidentale, per lo più ignara di questa impronta antica e misteriosa.
L’autore racconta la storia del popolo celtico senza accontentarsi delle teorie più gettonate, ma vagliando con giusto scrupolo anche le opinioni meno ortodosse che, negli ultimi anni, stanno gettando una luce forse più veritiera sulle origini di questa civiltà.
Si sa che i Celti appartenevano al ceppo indoeuropeo che ha dato i natali a gran parte delle popolazioni europee. Una cultura più antica, precedente all’insediamento in Europa, ha accompagnato questi popoli, diversificandosi man mano, assumendo altre forme pur mantenendo a livello del mito una radice comune che un occhio attento e una mente pronta possono cogliere senza eccessiva difficoltà. A questa sapienza ancestrale, i Celti hanno saputo coniugare il lascito delle misteriose popolazioni neolitiche a cui dobbiamo i complessi di pietra sparsi per l’Europa.
La cultura celtica si fondava sulla verità, sul coraggio, sull’ardore sanguinario e su una sapienza spirituale di livello particolarmente evoluto, i cui custodi e unici detentori erano i druidi. La società era divisa in caste, il re governava il popolo previa elezione e solo fino a che non avesse perso l’appoggio dei suoi druidi. Le donne potevano possedere ricchezze e perfino farsi guerriere e scendere in battaglia.
Rutherford offre molto spazio al tentativo di comprendere la figura del druido (o druida), potente ma mistificata da secoli di informazioni inesatte. Le principali testimonianze dell’epoca ci arrivano dai nemici diretti dei Celti, che avevano tutto l’interesse a porre l’accento sugli aspetti cruenti e sanguinari della loro cultura (comunque presenti e di pubblico dominio), in un acceso tentativo di propaganda negativa verso i “barbari”.
Sappiamo per certo che questa casta era formata da sapienti che si preparavano al loro ruolo tramite uno studio ventennale che richiedeva grandi sacrifici e prove iniziatiche. Il druido era sacerdote, mago, conoscitore delle leggi e custode del mito. La sua figura va a mischiarsi con coloro che oggi chiamiamo bardi, i cantori di gesta.
La loro memoria era prodigiosa, frutto di una cultura orale. Il loro alfabeto era mistico e segreto, ogni segno aveva un peso ben superiore alla mera rappresentazione di un suono. Avevano uno stretto rapporto con la natura, soprattutto con gli alberi, ed erano tramite con gli altri mondi.
La sezione dedicata alla storia di questa civiltà è ampia e in un certo senso sorprendente, in quanto non si limita a tracciarne il percorso dall’insediamento in Europa (e in particolare nelle isole britanniche) fino alla graduale scomparsa per opera dell’occupazione romana prima e dei missionari cristiani poi, ma si spinge molto più in là, cercando – e trovando – traccia di una resistenza e di una identità culturale testarda e indomabile che ha continuato a esistere nell’ombra per secoli.
L’autore ci offre quindi una chiave di lettura alternativa ma assolutamente vera e pregnante di avvenimenti storici normalmente studiati sotto un’ottica che con il perdurare dello spirito celtico si supponeva non avessero nulla a che fare. Analizza quante festività tuttora in auge non siano che trasformazioni e camuffamenti di cerimonie e cadenze annuali della religione antica, quanti siano i toponimi legati alle divinità e agli eroi delle leggende e di come essi siano distribuiti nel continente.
Si sottolinea inoltre la vera natura di quei bardi medievali che hanno dato origine alla cultura cavalleresca e alle abitudini dell’amor cortese: discendenti dei druidi, musici dall’imponente repertorio mnemonico e, probabilmente, ultimi depositari del bagaglio mitico che è entrato a far parte del nostro mondo grazie al filtro dei romanzi cortesi.
Un nuovo modo di affrontare la conoscenza di un popolo misterioso e avvolto da pregiudizi e leggende che ne hanno snaturato la vera immagine.
Delizioso, completo, magico.

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