lunedì 20 agosto 2012

Intensity

“Intensity” di Dean Koontz è un thriller edito in Italia dalla Sperling & Kupfer, un romanzo d’azione che si immerge nella psicologia di un pericoloso maniaco omicida e di una donna che nella vita ha sempre dovuto recitare il ruolo di vittima, ma che per una volta decide di prendere in mano la situazione e cavarsela con le proprie forze.
Chyna ha vissuto un’infanzia disastrata. La madre l’ha trascinata con sé attraverso gli Stati Uniti, in una vita nomade e sregolata al fianco di uomini sempre diversi ma accomunati da un tratto: la tendenza al caos, alla violenza gratuita, all’amore per le armi e la morte. Chyna ha assistito a cose orribili e lei stessa si è salvata più volte solo grazie ad un istinto di sopravvivenza in costante allenamento.
Ora che è donna e si è fatta una vita normale, lontana dalla madre, China desidera solo condurre un’esistenza di cui possa essere fiera. Purtroppo sembra che il destino voglia beffarla a qualunque costo. Mentre si trova in vacanza da un’amica, infatti, la giovane donna assiste impotente ad alcuni efferati omicidi. Lei stessa si salva a stento, terrorizzata, dal maniaco che rapisce la sua amica Laura.
Chyna, rifiutandosi di essere vigliacca, tenta di salvare l’amica recuperandola dal camper dell’assassino, ma finisce per rimanervi prigioniera all’insaputa dell’omicida, senza per altro poter fare più niente per Laura. Ormai può solo fuggire, alla prima occasione. Purtroppo per lei, l’assassino non è un comune maniaco. Edgler Vess crede di essere qualcosa in più di un normale essere umano. Qualcosa di eletto, superiore. Egli, infatti, non si limita a vivere. Lui gusta la vita, la divora, la palpa, la fa sua attraverso i cinque sensi. Ama la sensazione del dolore e gode nell’infliggerlo agli altri; l’azione dell’uccidere esalta la sua sensibilissima percezione del mondo.
E’ per un puro caso che Chyna viene a conoscenza, una volta sgusciata via dal camper, del segreto più orribile di quell’uomo già abbastanza terrificante: egli tiene prigioniera una sedicenne, la bella Ariel, segregata in cantina. Per non si sa quale ragione, Edgler desidera farla partecipe della sensazione della “intensità”, vuole condividere con lei i suoi efferati delitti, in attesa che cresca per…cosa? Violentarla? Ucciderla?
Non sono affari di Chyna, che è riuscita a stento a conservare la propria vita. Cosa può fare lei, per quella ragazza, se non chiamare la polizia? Eppure, la somiglianza tra la situazione della giovane Ariel e la sua infanzia negletta cancellano dalla mente della donna ogni pensiero razionale. Non può lasciarla da sola e solo lei può condurre la polizia nel nascondiglio del mostro. Chyna si mette così all’inseguimento di Edgler Vess, iniziando una partita mortale.
Il thriller di Koontz è caratterizzato in ogni sua sfaccettatura da alti e bassi. La prosa, per esempio, ha il pregio di una certa ricerca stilistica nel narrare le vicissitudini di Chyna tramite il normale passato remoto in uso nella narrativa, per passare al tempo presente quando il punto di vista si sposta all’interno della mente di Edgler, che vive appunto nell’immediato della sensazione. Questa ottima idea, anche se non nuova, viene sciupata da passaggi piuttosto stranianti tra scene crude e scarne, dove ogni parola ha il suo peso e la sua misura, ad ampi passaggi di tono lirico-poetico in una pallida imitazione di decadentismo che stonano nell’incunearsi tra una scena d’azione e l’altra. In parte anche a causa di una traduzione non felicissima, queste discrepanze si notano soprattutto all’inizio del romanzo, quando ancora si è impegnati a “farsi la bocca” con la storia.
Se il cattivo della situazione è plausibile e veramente terrificante nella sua ordinata violenza, la protagonista risulta priva di spessore, un personaggio letterario e poco aderente alla realtà. Difatti l’autore continua a giustificare le azioni avventate di Chyna tramite lunghi ragionamenti, riflessioni, ricordi traumatici del passato, che finiscono per diventare ripetitivi e ottengono come unico effetto di far capire al lettore che il romanzo si dipana non in maniera logica ma al servizio dei climax che l’autore ha intenzione di inserire. Pure, le scene d’azione sono forti e sanguigne, fanno accelerare i battiti.
“Intensity” è una lettura senza tante pretese, da affrontare senza spirito critico, per il puro gusto di sfogliare un libro sotto l’ombrellone. Godibile, ma niente di che: un’occasione perduta.

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