lunedì 3 dicembre 2012

Nascita dell'Occidente

Due saggi in uno per questa pubblicazione della Fondazione Achille e Giulia Boroli, due diverse voci che cercano di spiegare come sia nato il concetto di Occidente e quali significati questa parola ha avuto in passato, per poi riflettere su come il termine sia stato adottato nel contemporaneo.
Nonostante in copertina spicchi il nome di Alessandro Corneli, autore di “Nascita dell’Occidente”, in realtà il saggio inizia con una lunga trattazione di Marta Sordi, intitolata “Idea di Occidente in Grecia e Roma” (viene in effetti da domandarsi perché in copertina l’autrice venga appena nominata nel sottotitolo).
La storica ci introduce all’argomento iniziando con il puntualizzare come e dove sia nata la moderna concezione di storiografia. Fino all’avvento del pensiero filosofico greco e successivamente delle riflessioni romane, infatti, la cronaca degli eventi passati e contemporanei aveva ben poco di quell’oggettiva catalogazione e relazione di fatti che noi oggi associamo alla materia. Le cronache avevano un intento di insegnamento morale o esaltazione del potere costituito. La visione delle azioni umane era interamente soggettiva. Spesso, anzi, la realtà dei fatti veniva manipolata per consegnare ai posteri una versione che fosse favorevole al governo attuale o alle personalità coinvolte. Se si voleva relegare un avvenimento o una persona scomoda nell’oblio, bastava cancellarla completamente dalle cronache, avendo così la certezza che se ne sarebbe perso il ricordo.
Parte del pensiero occidentale si manifesta, invece, proprio nella ricerca dell’oggettività e nella comprensione della relazione tra gli eventi che caratterizza le cronache greche e romane (non che i difetti sopracitati siano definitivamente scomparsi, purtroppo). La Boroli cita numerosi autori dell’epoca, mostrandoci come l’argomento fosse molto sentito e fonte, a volte, di discussioni accese. I Greci avevano il vanto di aver sempre riportato in cronaca la propria Storia, mentre ai Romani si rimproverava l’ignorante silenzio dei primi secoli. I Romani, dal canto loro, si vantavano di essere nati come uomini d’azione, più che di parola, ma di aver superato i maestri una volta iniziato a tener computo dei fatti.
I Greci, in effetti, erano estremamente centralizzati. La purezza della stirpe per loro era tanto importante da chiudere fuori usi e costumi di tutto il resto del mondo. Se ciò preservava l’identità culturale, al contempo impediva di comprendere i fatti esterni alla Grecia nella loro completezza e a lungo andare li portò al collasso del sistema delle poleis. I Romani, invece, furono fin dall’inizio aperti agli usi dei popoli conquistati o con cui ebbero contatto, cosa che conferì loro una visione d’insieme molto più sfaccettata, portandoci un passo più avanti verso la moderna storiografia.
“Nascita dell’Occidente”, invece, si propone come fonte di molteplici spunti di riflessione sul concetto di Occidente, più che una trattazione completa delle trasformazioni politico-sociali europee, cosa che avrebbe richiesto uno sforzo molto più ponderoso.
Vengono analizzati i primordi di quelle innovazioni sociali che hanno condotto ai precetti fondamentali della moderna società, dal concetto di territorio delimitato da recinti o mura (e quindi di “stranieri” che vivono all’esterno di esso), alla nascita della scrittura e del suo peso nelle relazioni tra città e regni, alla formazione delle caste. Si parte dalla società mesopotamica e pian piano ci si sposta verso ovest insieme ai centri d’equilibrio del potere e delle civiltà dominanti, in un veloce viaggio lungo le tappe fondamentali della Storia.
L’autore si dilunga molto – giustamente – su come sia nato e si sia evoluto il concetto dello Stato, la gestione politica di società più o meno ampie accomunate dallo stesso linguaggio, gli stessi obiettivi, un’identità inconfutabile da proteggere, quasi sempre, da chi è diverso e perciò straniero. Viene valutata l’importanza del pensiero filosofico greco e della nascita della democrazia ateniese sulla successiva evoluzione del concetto statale, sulla differenza tra dialogo e oratoria nel fare politica.
L’avvento del Cristianesimo ha dato un’ulteriore impronta all’Occidente, unendolo sotto un unico pensiero religioso che per lungo tempo è stato anche collante sociale e giustificazione del potere assoluto dei regnanti. I nazionalismi, più di recente, hanno creato grandi Stati identitari che però, nel tempo, si stanno rivelando ingestibili, favorendo la spinta verso secessioni, federalismi e via di seguito, alla ricerca di organismi ridotti la cui gestione economica e politica sia più aderente alle reali necessità.
Per concludere viene analizzata l’origine del pensiero razzista, che ha drammaticamente segnato la storia politica internazionale per tutto il ventesimo secolo.
Il saggio, per quanto interessante, non è consigliato a chi non ha una buona visione d’insieme della Storia già in partenza, in quanto non segue un filo conduttore lineare e potrebbe creare dubbi o confusioni, nonostante la prosa pulita e non ridondante di Corneli. Stimolante spunto di riflessione, invece, per gli appassionati.

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