lunedì 24 dicembre 2012

Billy Budd

Non è una cosa semplice accostarsi alla lettura dei romanzi di Herman Melville, scrittore americano che viene ritenuto uno dei padri fondatori della letteratura d’oltreoceano. I motivi per cui risulta ostico alla lettura sono gli stessi che durante la sua vita lo resero inviso al mercato letterario e al giudizio dei critici, relegandolo per lungo tempo nel triste limbo degli scrittori incompresi e misconosciuti, ma costituiscono anche la cifra stilistica inconfondibile che lo caratterizza e lo rende unico.
Melville fu per lungo tempo un uomo di mare e l’esperienza vissuta lo seguì per sempre attraverso i suoi scritti. Il suo romanzo più famoso, “Moby Dick”, è un’epopea dei mari conosciuta a chiunque. La lotta quasi soprannaturale tra l’uomo e la balena, tra Achab e Moby, ha il fascino terribile e ambiguo della lotta tra il Bene e il Male.
A collidere con l’ambientazione rude, prettamente d’azione, sul limite tra la vita e la morte come sempre capitava quando si andava per mare, Melville utilizza una prosa verbosa, prolissa, a tratti quasi involuta. Si tratta di una scelta precisa, operata con maestria, ma che richiede uno sforzo da parte del lettore. I concetti spesso vengono presentati tramite ampi giri di parole, negazioni di enunciati contrari. La narrazione ha un peso molto superiore rispetto al dialogo, che potrebbe in qualche modo alleggerire la pressione dell’oceano di parole, e ogni riferimento ha lo scopo di comporre un disegno dettagliato, una sorta di immenso dipinto del veliero in balia delle onde e del suo equipaggio.
Nei suoi romanzi, Melville tenta di dipingere attraverso il microcosmo interno di un veliero le dinamiche, le grandezze e gli abissi di cui è capace la razza umana. La sua visione cupa dell’esistenza fu un altro dei motivi che non contribuì al suo successo in un’America che si avviava verso il brillante progresso.
Nel breve romanzo in questione, scritto dall’autore prima di morire e parzialmente rimaneggiato dalla moglie, Melville racconta la storia di un agnello sacrificale, con precisi riferimenti spirituali, religiosi. E’ un inno all’innocenza e la riprova che essa finisce sempre per soccombere alla gretta invidia, alla cupa oscurità dell’animo umano, poco propensa a riconoscere e coltivare la Luce.
Billy Budd è un giovane marinaio che si imbarca su una nave da guerra della Marina Britannica, non per sua volontà ma per obbligo. Il fatto, che avrebbe potuto far nascere rancore nell’animo di chiunque, provoca solo una certa tristezza e un po’ di disorientamento nel ragazzo, che è fondamentalmente un innocente incapace di concepire pensieri negativi e, quel che è peggio, di riconoscerli negli altri.
Billy, infatti, è un semplice. Una sorta di angelo di mare, caratterizzato da un aspetto bellissimo che sulla precedente imbarcazione gli aveva fruttato il titolo di Bel Marinaio e l’affetto di tutto l’equipaggio. Capelli biondi, viso luminoso, occhi vivaci, una struttura fisica robusta ma contrassegnata da quel non so che di aristocratico che lo fa spiccare in mezzo agli altri. Oltre a ciò, è provvisto di una gran voglia di lavorare, disciplina e talento nel suo mestiere. Unico difetto: la tendenza a balbettare quando si agita.
Saranno proprio queste qualità positive, ma ancor di più la sua innocenza, a suscitare l’invidia del Maestro d’Armi John Claggart, che dapprima lo bersaglia di piccoli dispetti e poi, tramite un astuto stratagemma, si propone di denunciare il ragazzo al Capitano Vere, un uomo di saldi principi, per tentato ammutinamento e sobillazione. L’accusa infamante giunge in un momento di forte tensione nella Marina, a seguito di episodi drammatici di ammutinamento per le condizioni di vita sulle navi, che ha provocato un giro di vite nell’applicazione delle punizioni per qualsiasi infrazione.
Il Capitano non crede all’accusa di Claggart, ma Billy perde la parola di fronte a illazioni tanto infamanti e, per la frustrazione, sferra un colpo al Maestro d’Armi. Il pugno è così violento da uccidere Claggart. Pur con la morte nel cuore, sapendo che in un simile momento non ci si può permettere di essere clementi, Vere condanna Billy all’impiccagione per l’omicidio di Claggart.
La morte del giovane segna l’intero equipaggio. La storia si conclude con una poesia che racconta gli ultimi istanti di Billy, probabilmente il nucleo originario da cui si sviluppò tutto il romanzo.

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